Incidenti evitabili

Ora che è passato abbastanza tempo e le acque si sono un po’ calmate, penso sia doveroso che anche io dia le mie impressioni su un avvenimento di cui, purtroppo, si è parlato molto in queste ultime settimane. Mi riferisco all’incidente di bondage avvenuto a Roma e del quale preferisco non pubblicare alcun link, per il semplice fatto che tutto ciò che si è visto finora in rete e sui giornali non ha affatto la mia approvazione. Questo per vari motivi: nella migliore delle ipotesi infatti le notizie sono state troppo vaghe e imprecise, mentre nella maggior parte dei casi si è puntato come spesso accade sullo scandalo puro; Non parliamo neanche poi delle lotte intestine che questa sciagura ha scatenato fra le cosiddette “comunità” virtuali di Internet, che si sono rivelate ancora una volta composte soprattutto dalla versione aggiornata di quelle vecchie comari ipocrite e rancorose di cui sono pieni i proverbi.
Per proseguire il discorso è però necessario citare almeno i fatti salienti. Succede che, una brutta sera, due ragazze sui vent’anni e un personaggio di età doppia, che si presentava spesso come esperto di bondage e fotografo specializzato sul tema, sono usciti da un locale e si sono appartati in un garage per giocare con le corde. L’uomo ha eseguito una legatura su cui a oggi c’è ancora ben poca chiarezza, una delle ragazze ha perso i sensi ed è morta prima che potesse essere soccorsa correttamente. L’altra ha invece subito dei danni che l’hanno mandata in coma, dal quale pare si sia ripresa.  Il tale – di cui non farò il nome anche se finito su tutti i giornali insieme a quello delle ragazze – ha chiamato il pronto intervento, ha ammesso la propria colpa ed è stato messo agli arresti domiciliari. Nel momento in cui scrivo è in attesa di giudizio.
Questo è tutto ciò che si sa di certo sull’accaduto. I mass media e il tam tam di Internet hanno sproloquiato a lungo su molti altri particolari, ma la verità è che non esiste alcuna altra informazione sicura per il semplice fatto che i protagonisti del fattaccio non hanno rilasciato dichiarazioni, e la polizia ovviamente non ha reso pubblici i dettagli dei rilevamenti eseguiti e dei referti medici.
                Ciò non ha tuttavia impedito che si scatenassero dibattiti, trasmissioni televisive, interviste con “esperti” più o meno attendibili e moltissimi articoli che pretendevano di spiegare tutto non solo dell’accaduto, ma anche del “fenomeno bondage” in sé. Ed è qui che ho cominciato a sentire puzza di bruciato.
Eh già, perché nella quasi totalità dei casi le informazioni fornite su questa pratica erotica erano molto, ma molto confuse. Non parlo della comprensibile imprecisione fra bondage in stile occidentale e shibari (o meglio: “kinbaku”) alla giapponese, ma proprio di una rappresentazione della cosa che non ha nulla a che fare con la realtà.
                Chi come me ha avuto la pazienza di seguire tutta la questione ha dovuto sorbirsi una quantità di scemenze inverosimile. C’è chi ha sostenuto che le corde siano una nuova moda riservata ai giovani violenti, chi ha scritto che tutto il bondage si fondi sugli strangolamenti, chi ha descritto strani e per fortuna inesistenti culti dediti a riti assurdi… Roba da far drizzare i capelli in testa a una persona ignorante di questi temi che dovesse sentirne parlare per la prima volta in questi termini.
                A essere del tutto onesta devo ammettere anche che non sono mancati interventi molto precisi ed equilibrati… che sorprendentemente sono stati tutti a opera proprio di coloro che mi sarei aspettata essere invece più ostili alle sessualità alternative. Ricordo in particolare una trasmissione radio di Gianluca Nicoletti in cui il giornalista ha ripetuto spesso che è assurdo credere al mito delle “brave ragazze acqua e sapone”, e che praticamente chiunque ha un suo lato trasgressivo del quale fa parte anche l’esplorazione di giochi erotici. Una criminologa invece ha parlato con estrema precisione della realtà del bondage, anch’ella minimizzando i presunti pericoli di questa attività.
Chi mi ha molto delusa, purtroppo, è stato invece il cosiddetto “ambiente BDSM”.
Già poche ore dopo la disgrazia si è vista una vera corsa in cui decine di personaggi si sono affannati a sparare le proprie sentenze sull’accaduto, quasi sempre con l’obiettivo evidente di presentarsi come unici depositari della saggezza BDSM. Molti hanno fatto delle figure barbine, alcuni ce l’hanno messa tutta ma sono stati travisati da giornalisti in cerca solo dello scoop, e sostanzialmente uno solo è uscito vincitore, comparendo in numerose interviste e anche in televisione. E scatenando una specie di guerra dei poveri.
                Sì, perché la persona in questione è anche il titolare di un negozio specializzato in attrezzature fetish e BDSM, nonché l’organizzatore di corsi di bondage (ai quali fra l’altro pare che avessero partecipato anche le persone coinvolte nell’incidente). E cosa volete che faccia un professionista quando viene intervistato? Naturalmente risponde alle domande, ma parla anche della propria attività. E apriti cielo.
                Subito tutti hanno urlato allo scandalo: come si permetteva, secondo loro, un bieco commerciante di farsi pubblicità sul cadavere di una povera ragazza? Vi risparmio la lunga battaglia di spiegazioni, controaccuse, scuse, faide e palle varie che sono seguite. Quel che conta è che, come al solito, ho visto all’opera l’atteggiamento assurdo degli italiani, per cui chi come me o quel tale ha fatto della propria passione un lavoro andrebbe subito messo al rogo. Salvo poi lamentarsi che non si trova una vera Dominatrice nemmeno a pagarla oro, o che non ci sono negozi dove andare a comprare abiti e frustini. Roba da pazzi.
Quello che ha dato fastidio anche a me, devo ammetterlo, è stata la “stranissima” coincidenza per cui pochi giorni dopo tutta questa esposizione mediatica quel signore se ne è spuntato con l’inaugurazione di una vera e propria “scuola di bondage”. Come dicevo non mi infastidisce affatto che qualcuno si faccia pagare per tenere dei corsi su questi temi, anzi. Che si approfitti di una sciagura per risparmiare sulla pubblicità, invece, mi sembra un po’ squallido. Ma in realtà non è di questo che volevo parlare.
Torniamo a ciò che è avvenuto nel garage di Roma. Anche se le notizie non sono ufficiali, ci sono due o tre punti praticamente certi su cui penso di potere commentare con una certa sicurezza.
Primo: le tre persone coinvolte avevano appena finito di fare baldoria in un locale. Sicuramente avevano bevuto – tanto o poco non si sa e non ha nemmeno tanta importanza – e inoltre le prime notizie d’agenzia parlavano di “analisi tossicologiche positive”.
Secondo: un aspetto su cui tutti sono stati concordi è che il legatore non avesse a portata di mano alcuno strumento con cui tagliare le corde in caso di emergenza. Lasciamo stare il particolare che tutti si ostinano a ripetere “non aveva un coltello” quando qualsiasi corso di bondage spiega fra le prime cose che i coltelli sono pericolosi, e conviene pertanto usare le apposite forbici di sicurezza. In ogni caso questo tipo di attrezzatura mancava.
Terzo: l’incidente c’è stato, e questo significa che evidentemente non erano state prese tutte quelle precauzioni che ogni buon esperto di corde mette in cima alle proprie priorità. Se, tanto per fare un esempio, le due ragazze fossero davvero state legate “a contrappeso” così come dicono le cronache, qualunque persona con un po’ di competenza avrebbe predisposto una serie di nodi di sicurezza che si potessero slacciare con un solo gesto liberando una ragazza dall’altra.
Il quarto e ultimo punto lo aggiungo solo perché sarebbe fondamentale… se solo venisse confermato, mentre invece le ultime notizie sostengono che non c’entri niente con l’accaduto nonostante sia stato invece ripetuto mille volte nei primi giorni dopo l’incidente.
Tant’è: pare che la morte e il coma siano stati dovuti a delle corde passate attorno al collo delle ragazze. Sui rischi delle pratiche di controllo del respiro ho già scritto in passato, ma in realtà non c’è bisogno di andare a leggere. La questione è semplice: anche un bambino sa benissimo che strangolare la gente è pericolosissimo, quindi è assolutamente intollerabile che degli adulti abbiano intrapreso un “gioco” così imbecille. Se davvero si sono messi a giocare agli impiccati, come altro pensavano che potesse finire la serata?
Ora prendiamo i quattro punti e ditemi: secondo voi c’entra qualcosa questa disgrazia con il BDSM “sano, sicuro e consensuale” di cui abbiamo sempre parlato? A me sembra più che fosse una ricetta sicura per una tragedia. E questo mi fa arrabbiare per almeno due motivi.
                Innanzitutto sono infuriata dal fatto che tutti continuino ad associare l’avvenimento di Roma con il normale bondage, come quello che pratico io nel mio studio. È come se da domani non si potesse più andare in macchina senza essere guardati con disprezzo solo perché un pazzo ha provocato uno scontro guidando contromano. Il problema è il cretino che non ha rispettato le regole seguite da tutti, non l’attività in sé!
                Poi c’è il fatto che i giochi con le corde magari non sono un “fenomeno giovanile”, ma di sicuro sono diventati una specie di moda da quando si sono moltiplicati i siti web dedicati al bondage. D’improvviso tutti si sono ritenuti esperti solo perché avevano visto qualche foto e mezzo video… mentre chi prende queste cose sul serio ha sempre avuto l’abitudine di studiare molto a lungo prima di azzardarsi a prendere in mano le corde. Come ex infermiera potrei scrivere pagine e pagine sui rischi di lesioni anche gravissime che una legatura fatta male può provocare con estrema facilità, e come appassionata di erotismo estremo vi assicuro che in Italia le persone davvero competenti in questo campo si contano sulle dita delle mani. Io, per esempio, studio e pratico bondage da molti anni ma mi reputo solamente un'appassionata di talento. Ma allora mi spiegate perché se vado su Facebook o sui vari siti a tema in un profilo su tre vedo gente che si definisce “esperta” o “maestro” di bondage?
Se torno con la memoria agli ultimi anni mi vengono in mente almeno due altri casi di morti per bondage avvenute in Italia. Nel primo un poveretto è stato abbandonato attaccato a un albero con una catena stretta al collo (e i veri esperti ti ripetono sempre: mai allontanarsi più di tre passi dalla persona che hai legato, così la puoi tenere sotto controllo in caso di emergenza!); Nel secondo un cretino che aveva visto troppi film porno aveva legato una prostituta in una posizione che impediva una corretta respirazione.
                Un amante delle statistiche potrebbe dire che tre morti sono irrilevanti rispetto alla quantità di giochi del genere che si fanno tutti i giorni. Per me però restano tre morti di troppo, soprattutto perché si potevano evitare semplicemente con un pochino di buon senso e di umiltà nell’imparare prima di agire, o di rivolgersi a persone competenti.
Nei giorni successivi all’incidente sono stata intervistata anche io dal quotidiano locale di Brescia, dove ho il mio studio. La giornalista che è venuta a trovarmi è rimasta sconvolta dal mio livello di preparazione tecnica e da quanto la realtà del BDSM (e del bondage, naturalmente) sia diversa da come se la immagina la gente. A un certo punto mi ha anche chiesto se siano molte le persone che cercano il rischio estremo con pratiche come lo strangolamento. La mia risposta è stata che non lo so, per il semplice fatto che quando mi si presenta qualcuno con questi desideri assurdi lo caccio a calcioni nel sedere.
Io posso essere sadica (altroché se lo sono…) e perfino crudele, ma ho studiato una vita per rendere le mie passioni perfettamente sicure e prive di rischi: scusatemi tanto, ma non tollero di essere associata a certi deficienti. Spero di essere stata chiara. Per ogni eventuale chiarimento, mi trovate al mio solito numero di telefono e presso il mio studio.
E se fate i bravi e lo chiedete con molta, molta gentilezza, potrei anche accettare di farvi provare un po’ di legature. Ma fatte a modo mio.

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