Imago
Mi
piace scrivere e condividere pubblicamente i miei pensieri: ho scritto un libro
(e potrei anche replicare), sono presente su Facebook e Twitter e ho ritrovato
il piacere di curare il blog come forma rinnovata di condivisione.
Credo
nella forza comunicativa del blog e nella possibilità di costruire un dialogo
con chi mi legge, mantenendo un filo conduttore e trasformando un semplice
diario in rete in una storia: la mia storia. E cosa succede quando si racconta
una storia? Che questa viene anche immaginata.
Ecco
quindi collocato l’oggetto della mia riflessione: l’importanza delle immagini e
della narrazione di sé attraverso l’immagine.
Da
tempo ho rilevato quanto sia maggiore il potere di attrazione di un’immagine
rispetto ad un testo: concretamente, ogni volta che posto una fotografia nelle
mie pagine social raccolgo un consenso che difficilmente le parole riescono ad
attirare. I “mi piace” di Facebook e i commenti in Twitter riguardano quasi
esclusivamente fotografie e immagini e rappresentano un interessante indicatore
del valore della comunicazione visiva.
La
comunicazione visiva o iconica[1] è
la trasmissione di un messaggio tramite un’immagine che rappresenta in modo
metaforico la realtà ed è un tipo di comunicazione particolarmente efficace
perché è immediata, emotiva e facilmente memorizzabile.
L’immagine
contiene un livello di informazione estetica (forme, colori, uso dello spazio) che
attiva una comprensione emotiva legata a fattori psicologici e culturali ed è
proprio questa sua aderenza psicologica a renderla un potente strumento di
comunicazione.
Non
per niente il BDSM è un sistema di rappresentazione del mondo fortemente
imperniato sull’immagine e non per niente l’ambiente BDSM richiede un adeguato dress code.
Il
dress code infatti, in quanto codice
di regole che definisce l'abbigliamento appropriato per eventi tematici o
luoghi come club o feste, si
rivela un prezioso strumento di comunicazione perché definisce l’insieme dei
messaggi che si veicolano attraverso l’abbigliamento; come dire, il dress code fornisce il repertorio dei costumi di scena che rendono
possibile interpretare la propria immagine di sé e dell’altro. Il dress code è un linguaggio figurativo
che facilita l’allestimento delle proprie emozioni delimitando un dentro e un
fuori (tra la realtà quotidiana e le proprie fantasie) e che ci ricorda come
l’immagine sia parte integrante del gioco (relazionale e BDSM).
Le
persone che frequentano il mio studio hanno la possibilità di sperimentare la
qualità teatrale della propria mente che ha bisogno di utilizzare scenari e figure
per dare corpo ai propri desideri masochistici; la sessione diventa uno
spazio-tempo che allenta le difese e fa affiorare emozioni e sogni e se il
contesto immaginato e creato è illusorio, non lo sono certo i processi psichici
che si vivono. A questo punto, le persone che sperimentano le proprie fantasie,
si trasformano in slaves, ed è l’inizio del gioco di ruolo BDSM, un gioco che io
conduco e che restituisce allo slave un’immagine di sé resa possibile dal
mettere in scena senza censure certe fantasie ed è la scena, ovvero l’immagine
vissuta a catalizzare le emozioni, come se fosse una fotografia emotiva.
Io
sono la regista della scena e garantisco pieno controllo e rispetto delle
fantasie realizzate nel mio dungeon che si configura come cornice rituale e di
gioco dove il corpo assume centralità ed esprime ciò che – almeno durante una
sessione – si è sempre voluto essere e dove il gioco permette di abbandonarsi
alla finzione sperimentando tutta la propria verità.
Probabilmente
la nostra parte più profonda è più simile ad una macchina fotografica che ad un
libro: le immagini fissano tracce di noi in modo più diretto e intenso delle
parole e contengono una dimensione di fascinazione e di incanto che spiega
appunto perché il linguaggio visivo sia più efficace di quello verbale.
Quindi,
in virtù del nesso esistente tra immagini ed emozioni[2], credo
fortemente nella qualità del setting che posso creare nel mio dungeon: in
questo contesto anche immaginativo, io sono in grado di gestire le più svariate
fantasie di sottomissione immaginate e concedo al cliente la possibilità di
farne finalmente esperienza.
Inoltre,
per il potere comunicativo ed evocativo delle immagini, credo sia necessario
garantire a chi mi segue pagine social caratterizzate da fotografie di qualità,
fotografie che rispecchiano la vocazione propriamente artistica di ogni
performance che ambisca alla bellezza.
Desidero comunicare e
suscitare emozioni anche attraverso le fotografie e voglio che la mia storia di
Mistress sia anche una fotostoria nella quale l’immaginazione sostiene il gioco
perché il gioco non è mai banale proprio perché si nutre di realtà e di
significati