La paura più grande
Lui, chiamiamolo Mario, è un ufficiale e uno dei miei fedelissimi. Ci conosciamo da qualche anno: il lavoro che fa lo porta spesso lontano dall’Italia e può accadere che non ci si veda per molti mesi, ma nonostante questo non manca mai di restare in (discreto!) contatto, anche solo per farmi sapere di star bene quando le notizie sui giornali potrebbero farmi preoccupare. Ogni volta che ne ha la possibilità, poi, viene a trovarmi per giocare insieme.
Non ha affatto l’animo dello schiavo: anche se quando siamo nel mio studio è sempre molto rispettoso dei nostri rispettivi ruoli, per lui servirmi e prostrarsi ai miei piedi è un gioco che si esaurisce nel preciso istante in cui termina la sessione. È un tipo orgoglioso, energico, molto positivo e… sembrerà sciocco dirlo, ma… molto maschio.
Il suo modo di vivere la dominazione è di tipo molto fisico, sperimentale. Quel che gli piace è scoprire e assaporare tutte le sensazioni che il corpo può vivere, senza fare troppe distinzioni fra piacere e dolore proprio perché la distinzione è esclusivamente mentale – per il corpo si tratta sempre e solo di stimolazioni del sistema nervoso. L’atmosfera dei nostri incontri è molto insolita, perché assomiglia abbastanza a un esperimento scientifico (e infatti sono sempre belle occasioni per sfoggiare i miei completi da dottoressa sadica!) o a un meccanico che fa il tagliando a una macchina… siamo entrambi concentrati a vedere “cosa succede se proviamo a usare questa cosa in quel modo, su un dato punto”.
All’inizio questa freddezza non è che mi entusiasmasse molto, ma col tempo ho cominciato anche io ad apprezzarne i lati positivi… tutto sommato è molto divertente avere a disposizione una cavia da laboratorio! Con lui abbiamo provato buona parte delle pratiche “standard” del BDSM e anche diversi giochi un po’ più insoliti, che di solito è lui stesso a proporre.
Le proposte che mi fa sono quasi sempre interessanti e riescono a stimolare molto la mia curiosità innata. Raramente ho dovuto rifiutare, soprattutto nel caso di programmi troppo rischiosi per la salute, le conseguenze a medio termine o per la semplice mancanza sul momento di attrezzature un po’ troppo particolari (che poi però ho sempre finito per fare realizzare entro breve da qualcuno dei miei schiavi-artigiani). Lui invece fa una questione d’onore di accettare ogni mia idea, anche quando è evidente che ne è un po’ spaventato. Tranne in un caso.
Per almeno due anni Mario si è sempre rifiutato di provare a essere penetrato: non solo con gli oggetti più impegnativi o appositamente dolorosi della mia grande collezione, ma persino con un dito. Anche solo avvicinarsi al suo ano provocava reazioni inaccettabili di rifiuto, tanto che a parte qualche tentativo di proposta ogni tanto mi ero rassegnata a lasciar perdere. Sodomizzare e dilatare i miei soggetti mi piace da impazzire, ma per fortuna i volontari non mancano mai, e non avevo motivo di intestardirmi con Mario.
Ora, senza entrare troppo nei dettagli, diciamo che l’altro giorno abbiamo invece avuto un incontro in cui gli aspetti di dominazione psicologica si sono estesi molto più del normale. A un certo punto l’ho costretto a supplicarmi di fargli la cosa che più temeva… e dopo commoventi ma assolutamente inutili tentativi di negoziazione la scelta è caduta come prevedevo proprio sulla penetrazione anale.
Potreste credere che sia una sadica senza cuore, che gode nel far piangere di dolore le sue vittime. Beh, in effetti avreste ragione… ma sono anche una persona con la testa ben sulle spalle e tutto ciò che faccio ha sempre e solo lo scopo di far stare bene chi si mette nelle mie mani – quindi sono stata estremamente dolce e comprensiva. Ho scelto il fallo più piccolo a disposizione, ho usato moltissimo lubrificante (indispensabile in ogni caso… l’ano è molto più fragile e soggetto a lacerazioni di quanto si creda!) e l’ho massaggiato a lungo con un sensualissimo guanto di lattice nero per far rilassare completamente la muscolatura. Poi abbiamo proceduto con molta, moltissima calma.
Beh, dopo qualche minuto di questo gioco Mario aveva le lacrime agli occhi. No, sciocchini… non di dolore: di commozione per le sensazioni che stava provando. È una reazione che conosco bene, che dipende dal senso di potersi finalmente abbandonare nelle mani di un’altra persona rinunciando a ogni difesa, dal senso di avere superato un proprio limite… e dal puro e semplice piacere fisico. D’altra parte quando un uomo si fa penetrare a essere stimolata è direttamente la prostata, cioè il centro del piacere maschile: mi dicono che sia una sensazione strana, ma molto più piacevole di qualsiasi manipolazione ai genitali esterni.
Finita l’esperienza e dopo essersi ricomposto completamente (quella che io chiamo “fase di atterraggio”) Mario ha cominciato a raccontarmi spontaneamente tutto ciò che ha provato. Le emozioni, i conflitti, le sensazioni e l’esperienza di un gesto simile (“un’esperienza mistica”, nelle sue parole). Ma soprattutto mi ha spiegato finalmente il perché fosse tanto terrorizzato da un gioco tanto innocente.
La sua paura, alla fine, era la più sciocca e comune che abbia ogni uomo: che provare la penetrazione, e magari trarne piacere, facesse di lui un gay. Paura completamente infondata, è chiaro. Lo sapeva benissimo anche Mario, ma mi ha confessato che la colpa è dei concetti che gli sono stati inculcati sin dall’infanzia, sin dai primi scherzi con i compagni di scuola. Pare che a furia di parlare negativamente di omosessualità e inculate, moltissimi uomini perdano completamente la ragione e finiscano con l’associare un gioco erotico con tutto uno stile di vita. Vivere fra i militari e le forze dell’ordine, con la loro “filosofia” della virilità a tutti i costi, poi, aveva reso le cose ancora più difficili.
Premesso che non ci vedo niente di male nell’omosessualità maschile o femminile (ognuno vive il sesso e gli affetti come e con chi vuole, no?), è chiaro invece che farsi stimolare un punto del corpo piuttosto che un altro a pochi centimetri di distanza non cambia assolutamente nulla. Anzi, come donna trovo di gran lunga più affascinanti gli uomini che vivono senza problemi tutto il proprio corpo, anziché quelli ossessionati da certe paure sciocche.
E, a dirla tutta, una cosa che cambia c’è. Come ora sa bene anche Mario, provare la sodomizzazione non è né obbligatorio né deve per forza piacere… ma non provarla vuol dire imporsi senza motivo una limitazione dei piaceri della vita.
La mia vocazione, in fin dei conti, è proprio fare scoprire nuovi piaceri.
E Mario ha già chiesto se la prossima volta possiamo riprovare questo gioco…