Dal Mi-Sex a Quark senza passare dal Via

Ci eravamo lasciati l’altro giorno chiedendoci cosa mai si possa imparare dall’osservazione delle reazioni inconsulte del pubblico di una pornofiera di fronte a un po’ di carne nuda. Vi dirò che avevo sin dall’inizio le mie teorie, ma ho voluto comunque confrontarle con le idee di altri in modo da farmi un’immagine più precisa della questione. Ho parlato innanzitutto con alcune persone che al Mi-Sex partecipavano come operatori di settore, poi con un mio caro amico che quando mi viene a trovare diventa un ottimo porta-pinzette (con pesi, naturalmente…) ma che di mestiere fa lo psicologo specializzato in sessuologia, e infine ho fatto una telefonata a un amico che studia l’erotismo da quasi vent’anni.
Non si è trattato di un vero e proprio studio: più di normali conversazioni che, per un motivo o per l’altro, finivano col ritornare spesso sulle osservazioni che ho riportato nel mio post precedente. Ciò nonostante sembra proprio che le mie idee fossero abbastanza giuste. Sarà merito dell’esperienza diretta, si vede.

Riassumendo, non è che ci siano gusti diversi nella sessualità o che esista una suddivisione dalla nascita fra persone che amano un’eccitazione “ruspante” e altre che vivono le cose in maniera più esotica. Il fatto è piuttosto che l’immaginario erotico è qualcosa che si evolve col tempo e l’esperienza, un po’ come una tela bianca su cui si accumulano piano piano tanti colori e pennellate fino a quando non compare un quadro più o meno bello, o forse anche un capolavoro. Se ci pensiamo bene, non è neanche una cosa difficile da riscontrare.
Cominciamo per esempio dall’infanzia, in cui nessuno di noi ha idea di cosa voglia dire eccitarsi sessualmente. È la tela allo stato iniziale.

La mano di fondo arriva quando gli ormoni cominciano a mettersi in moto, cioè con la prima adolescenza. Naturalmente sto generalizzando, perché ogni persona matura in maniera diversa e con ritmi differenti, ma sono sicura che mi seguite.
Questa base, dicevamo, è la scoperta di una certa attrazione per le persone di sesso opposto e dell’effetto che i loro corpi e atteggiamenti hanno su di noi. Probabilmente questa condizione ha un nome tecnico, però mi basta che capiate che è un po’ il tipo di istinto che permette agli animali selvatici di accoppiarsi – quello che hanno proprio tutte le creature viventi.

Col passare del tempo, le esperienze che si fanno e gli stimoli che si ricevono contribuiscono a raffinare un po’ alla volta le proprie preferenze sino a dare forma a un modello di partner ideale. “Ideale” vuol dire sia nell’aspetto che nei comportamenti… anche se si mantiene ovviamente una flessibilità di fondo, tutti noi abbiamo un concetto di compagno o compagna perfetti, ed è normale continuare a cercare chi più vi corrisponda. Ciò avviene in gran parte inconsciamente, ma sicuramente avrete anche voi la vostra donna dei sogni (fatemi indovinare: bionda, elegante, severa, vitino di vespa, tacchi alti? Come siete teneri…).
Bene, ecco il punto importante: questo tipo di formazione avviene pari pari anche per le sensazioni che vengono associate al piacere. Mi spiego: anche se chiaramente la fantasia permette di immaginare pure quelle situazioni che non si ha mai provato davvero, il cervello umano è un po’ come un archivio. Siamo davanti a un computer, quindi non vi sarà difficile raffigurarvi un raccoglitore con tre dossier all’interno. Il primo si chiama “sensazioni desiderabili”, il secondo “sensazioni sgradevoli” e il terzo “sensazioni ignote”.

Queste cartelle si riempiono a mano a mano che facciamo esperienza diretta della sessualità. Probabilmente il primo bacio finirà fra le sensazioni piacevoli, e da quel momento in poi tutto il nostro organismo saprà che conviene cercare altri baci anziché sfuggire loro. Lo stesso vale per altri gesti e stimoli erotici (anche piccolissimi), mentre alcuni di essi sono destinati a restare fra le sensazioni misteriose. Come sarà fare sesso con un panda? E chi lo sa… magari è bellissimo, ma finché non si prova…
Capito il meccanismo? Detto fra noi, è anche lo stesso meccanismo per cui nascono i feticismi. È stato ampiamente dimostrato che una persona diventa feticista, che so, dei guanti di lattice, quando questo oggetto viene associato a un momento particolarmente eccitante. Può capitare di non accorgersene neanche, ma resta il fatto che la volta dopo che si vede un guanto scatta qualcosa… e la sensazione si ripropone, e il feticismo diventa ancora più forte, e così via.

Ma facciamo un passo indietro. Dicevamo che per vivere è sufficiente avere un istinto sessuale di base. Per godersi il sesso è necessario aver provato almeno un certo numero di stimoli. Per sviluppare un erotismo particolare serve invece essersi dati la possibilità di sperimentare – come minimo a livello di fantasia molto intensa – sensazioni un po’ fuori dalla norma.
La parte interessante è che si tratta di un percorso a senso unico: si può anche restar fermi alla casella di partenza, ma una volta provato un livello superiore di esperienza non si torna indietro. Questo vale per l’erotismo, per la realizzazione di opere d’arte e un po’ per tutto ciò che ha a che fare con la mente umana: fateci caso.

Ecco quindi cosa è successo veramente negli stand del Mi-Sex. Mentre attorno a me c’erano molte persone “evolute”, tante altre erano semplicemente ferme un gradino più in giù: non avevano nemmeno idea che ci potesse essere qualcosa di meglio di una cavallona rumena che pensa ad altro ma tiene il sedere in vista… e non era né colpa loro, né questione di gusti, di maturità, intelligenza né altro. Pura e semplice biologia.
È lo stesso motivo per cui le persone che assediavano lo stand Pervert erano ben poco interessate alle banali spogliarelliste o alle maratone tipo “stantuffami per tre ore di fila” che si vedevano in tanti monitor. Naturalmente si apprezzavano le proposte di miglior qualità, ma più o meno inconsciamente sapevamo tutti bene che volendo c’era molto di meglio con cui divertirsi.

Uff… mi sembra quasi di essere a una puntata di Quark! Sono sicura che perdonerete questa parentesi scientifica, ma credo che conoscere meglio noi stessi sia sempre interessante, e soprattutto utile. Resta però da rispondere alla nostra domanda iniziale: cosa imparare da tutto ciò?
Credo che la cosa più sconvolgente non fossero i diversi livelli di consapevolezza erotica delle persone intervenute alla fiera, ma il fatto che una forma di piacere più intenso e coinvolgente fosse a pochi metri di distanza e tanti non se ne rendessero nemmeno conto. Letteralmente, vedere un paio di tette ha impedito alla loro mente semplice di scoprire tutto un universo di piaceri.

Fra l’altro mi accorgo che forse tutto il discorso sugli stimoli sempre più intensi potrebbe essere equivocato. In realtà aprire la mente verso nuove forme di piacere non vuol dire inseguire situazioni sempre più estreme. Chi si è interessato a ciò che accadeva nello stand di AiTuoiPiedi ha tratto un enorme piacere da una cosa semplice come osservare un paio di scarpe particolari, accarezzare un piede, assaporare le sensazioni legate ad abbassare lo sguardo di fronte a una Dominatrice come me.
È più estremo questo, o stare chiusa in uno sgabuzzino buio a “massaggiare” persone sconosciute per otto o dieci ore al giorno? Per la salute farà meglio ammirare qualcuno completamente ricoperto di abiti in lattice, oppure fare a spintoni sotto un palco per sperare di infilare un attimo le dita nella vagina di una pornostar che, con tutto il rispetto, potrebbe essere “leggermente” a rischio di malattie infettive?

Già, se vogliamo trovare una morale a questo lungo discorso, potrebbe essere che mantenersi curiosi verso nuovi stimoli è il modo migliore per vivere meglio e godere (non solo in senso sessuale) di più. La buona notizia è che, se state leggendo queste parole, probabilmente siete sulla strada giusta.
E ora, visto che sono sadica ma non ingiusta, una promessa solenne: il prossimo post non avrà niente di intellettuale. Ma vi piacerà molto, vedrete.

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