Panico da sessione
La loro particolarità è che sono proprio tutti diversi l’uno dall’altro. Non è che si possano riconoscere, che so, dall’età o da quanto nervosi appaiano a telefono: a volte sono addirittura persone con cui mi sono già incontrata e con cui abbiamo creato situazioni memorabili, senza una virgola fuori posto. L’unica cosa che hanno in comune è che, all’improvviso, si bloccano.
Il motivo può essere uno come un altro: il fatto però è che tutto d’un tratto mi guardano imbarazzati e chiedono di interrompere tutto – a volte prima ancora di cominciare. Io lo chiamo “panico da sessione”. La frequenza è di un caso ogni tre, quattro mesi… e naturalmente saper gestire anche queste situazioni fa parte della mia professionalità.
Questa è in effetti una cosa su cui non transigo mai. Io svolgo un lavoro preciso per cui vengo pagata il giusto: di conseguenza è altrettanto giusto che chi mi si rivolge non sprechi il proprio denaro. Mi dicono che in casi analoghi altre dominatrici non facciano altro che rimandare a casa la persona tirando un sospiro di sollievo per avere incassato senza essersi nemmeno dovute impegnare; addirittura all’Owk riferiscono che in passato questa strategia fosse la norma: attirare gli schiavi, farsi pagare e farli scappare a gambe levate. Un atteggiamento che per me è del tutto inconcepibile.
D’altra parte, si è mai visto un dentista che fa alzare il paziente, per spaventato che sia, a metà intervento? Eppure la mia professione non è meno seria né meno delicata, quindi mi sembra il minimo comportarmi con la stessa serietà e considerazione di un qualsiasi altro specialista… possibilmente senza mai dimenticare la sensualità che sta alla base di ogni cosa.
Facciamo quindi un passo indietro. Cos’è che (raramente) intimorisce le persone che mi vengono a trovare? La maggior parte di esse lo dice spontaneamente e con grande semplicità: le fantasie che si erano costruite leggendo libri, sfogliando riviste e guardando le foto e i video di Internet andavano benissimo per solleticare la loro eccitazione… ma la realtà è un’altra cosa.
Non perché sia più brutta, anzi. È solo che la realtà ha aspetti di cui nella fantasia non si tiene mai conto, ma che contribuiscono certamente all’esperienza nel suo complesso. Un esempio tipico è di chi adora guardare fotografie di mistress abbigliate in latex ma scopre che l’odore della gomma lo infastidisce. Le possibili sorprese possono essere tantissime e differenti, compresa soprattutto la realizzazione che le corde vere legano per davvero, o che una frusta brucia un po’ la pelle anche se viene usata con la massima leggerezza.
Il risultato è che mi guardano – o più spesso abbassano gli occhi – e dicono: “mi scusi, Madame, ma mi sono accorto che la dominazione non fa davvero per me. La ringrazio, ma preferisco concludere qui l’incontro”. Tutto molto tranquillo, educato e comprensibile. Naturalmente mi premuro di rassicurarli, metterli a loro agio e chiarire loro che non c’è alcun problema né niente di cui vergognarsi.
In casi più complicati invece a far scattare la paura è qualche associazione psicologica di cui nemmeno la persona era cosciente sino a un momento prima, o un’improvvisa mancanza di coraggio, o persino – unico caso che mi sia capitato – un banale inconveniente dovuto allo sbalzo di temperatura fra il condizionatore dell’auto e il mio studio. Succede anche ai migliori. Qualunque sia la situazione, comunque, riportata velocemente la calma il mio invito è di andarci a sedere nel mio ufficio.
Si tratta come potete immaginare di un ufficio un po’ particolare, ma ciò che vi avviene è una semplice conversazione. Come dicevo, se c’è una cosa che non posso accettare è che qualcuno esca dal mio studio meno che soddisfatto: se il destino vuole che questa soddisfazione prenda una forma diversa dal previsto, voglio almeno lasciare un contributo al progresso del percorso personale di chi mi è venuto a trovare.
In questi casi allora Madame Ingrid diventa una psicologa niente male, che fa del suo meglio per spiegare quale sia la realtà dei giochi di dominazione e quali siano i modi per goderseli senza problemi o paure – ma anzi traendone un miglioramento nella qualità della propria vita. Mi è successo di analizzare fobie impreviste, di parlare dell’approccio che le persone hanno con la propria famiglia, il lavoro o altro, ma anche di rivelare ad alcuni soggetti che – tutto sommato – da sottomessi si trovavano male perché la loro indole era di segno completamente opposto.
Se pensate che questo tipo di chiacchierate siano noiose o poco soddisfacenti siete davvero fuori strada. In realtà si tratta di momenti di grande intensità per come vado a toccare la mente di chi ho davanti… e la mente è sempre molto più interessante del corpo, fidatevi. È certo che ci sono situazioni più eccitanti, ma la dominazione è anche questo: uno dei tanti modi per plasmare e aiutare a far sbocciare le inclinazioni più profonde di un altro essere umano.
Quel che è importante è che, finito di parlare, vengo sempre ringraziata per ciò che ho fatto e per avere aiutato qualcuno a stare meglio – soprattutto con sé stesso. E in quasi tutti i casi si finisce per fissare un altro appuntamento, in modo di riprovare tutto con più serenità.
Ve l’avevo detto che sareste rimasti sorpresi dallo scoprire un lato spesso ignorato della dominazione… e di cui una volta o l’altra sarà il caso di riparlare, magari raccontando della particolare relazione che nasce di solito con le mie schiave-allieve.
Ma non vorrei sembrare un po’ troppo metafisica. Parlando di strani percorsi mentali, m’è già venuto in mente l’argomento della prossima volta – una delle pratiche che mi vengono richieste più spesso, e che riesce a essere al tempo stesso estremamente concreta e meravigliosamente divina. Vedrete.
Il motivo può essere uno come un altro: il fatto però è che tutto d’un tratto mi guardano imbarazzati e chiedono di interrompere tutto – a volte prima ancora di cominciare. Io lo chiamo “panico da sessione”. La frequenza è di un caso ogni tre, quattro mesi… e naturalmente saper gestire anche queste situazioni fa parte della mia professionalità.
Questa è in effetti una cosa su cui non transigo mai. Io svolgo un lavoro preciso per cui vengo pagata il giusto: di conseguenza è altrettanto giusto che chi mi si rivolge non sprechi il proprio denaro. Mi dicono che in casi analoghi altre dominatrici non facciano altro che rimandare a casa la persona tirando un sospiro di sollievo per avere incassato senza essersi nemmeno dovute impegnare; addirittura all’Owk riferiscono che in passato questa strategia fosse la norma: attirare gli schiavi, farsi pagare e farli scappare a gambe levate. Un atteggiamento che per me è del tutto inconcepibile.
D’altra parte, si è mai visto un dentista che fa alzare il paziente, per spaventato che sia, a metà intervento? Eppure la mia professione non è meno seria né meno delicata, quindi mi sembra il minimo comportarmi con la stessa serietà e considerazione di un qualsiasi altro specialista… possibilmente senza mai dimenticare la sensualità che sta alla base di ogni cosa.
Facciamo quindi un passo indietro. Cos’è che (raramente) intimorisce le persone che mi vengono a trovare? La maggior parte di esse lo dice spontaneamente e con grande semplicità: le fantasie che si erano costruite leggendo libri, sfogliando riviste e guardando le foto e i video di Internet andavano benissimo per solleticare la loro eccitazione… ma la realtà è un’altra cosa.
Non perché sia più brutta, anzi. È solo che la realtà ha aspetti di cui nella fantasia non si tiene mai conto, ma che contribuiscono certamente all’esperienza nel suo complesso. Un esempio tipico è di chi adora guardare fotografie di mistress abbigliate in latex ma scopre che l’odore della gomma lo infastidisce. Le possibili sorprese possono essere tantissime e differenti, compresa soprattutto la realizzazione che le corde vere legano per davvero, o che una frusta brucia un po’ la pelle anche se viene usata con la massima leggerezza.
Il risultato è che mi guardano – o più spesso abbassano gli occhi – e dicono: “mi scusi, Madame, ma mi sono accorto che la dominazione non fa davvero per me. La ringrazio, ma preferisco concludere qui l’incontro”. Tutto molto tranquillo, educato e comprensibile. Naturalmente mi premuro di rassicurarli, metterli a loro agio e chiarire loro che non c’è alcun problema né niente di cui vergognarsi.
In casi più complicati invece a far scattare la paura è qualche associazione psicologica di cui nemmeno la persona era cosciente sino a un momento prima, o un’improvvisa mancanza di coraggio, o persino – unico caso che mi sia capitato – un banale inconveniente dovuto allo sbalzo di temperatura fra il condizionatore dell’auto e il mio studio. Succede anche ai migliori. Qualunque sia la situazione, comunque, riportata velocemente la calma il mio invito è di andarci a sedere nel mio ufficio.
Si tratta come potete immaginare di un ufficio un po’ particolare, ma ciò che vi avviene è una semplice conversazione. Come dicevo, se c’è una cosa che non posso accettare è che qualcuno esca dal mio studio meno che soddisfatto: se il destino vuole che questa soddisfazione prenda una forma diversa dal previsto, voglio almeno lasciare un contributo al progresso del percorso personale di chi mi è venuto a trovare.
In questi casi allora Madame Ingrid diventa una psicologa niente male, che fa del suo meglio per spiegare quale sia la realtà dei giochi di dominazione e quali siano i modi per goderseli senza problemi o paure – ma anzi traendone un miglioramento nella qualità della propria vita. Mi è successo di analizzare fobie impreviste, di parlare dell’approccio che le persone hanno con la propria famiglia, il lavoro o altro, ma anche di rivelare ad alcuni soggetti che – tutto sommato – da sottomessi si trovavano male perché la loro indole era di segno completamente opposto.
Se pensate che questo tipo di chiacchierate siano noiose o poco soddisfacenti siete davvero fuori strada. In realtà si tratta di momenti di grande intensità per come vado a toccare la mente di chi ho davanti… e la mente è sempre molto più interessante del corpo, fidatevi. È certo che ci sono situazioni più eccitanti, ma la dominazione è anche questo: uno dei tanti modi per plasmare e aiutare a far sbocciare le inclinazioni più profonde di un altro essere umano.
Quel che è importante è che, finito di parlare, vengo sempre ringraziata per ciò che ho fatto e per avere aiutato qualcuno a stare meglio – soprattutto con sé stesso. E in quasi tutti i casi si finisce per fissare un altro appuntamento, in modo di riprovare tutto con più serenità.
Ve l’avevo detto che sareste rimasti sorpresi dallo scoprire un lato spesso ignorato della dominazione… e di cui una volta o l’altra sarà il caso di riparlare, magari raccontando della particolare relazione che nasce di solito con le mie schiave-allieve.
Ma non vorrei sembrare un po’ troppo metafisica. Parlando di strani percorsi mentali, m’è già venuto in mente l’argomento della prossima volta – una delle pratiche che mi vengono richieste più spesso, e che riesce a essere al tempo stesso estremamente concreta e meravigliosamente divina. Vedrete.