Onanismo

 

Questo racconto ha per trama un argomento particolare: l'”Onanismo”, ovvero il piacere del sesso ricavato tramite l'autoerotismo.

Il protagonista è Onan, una persona che ebbi modo di conoscere nel mio Dungeon circa una ventina di anni fa. Venne da me per una ed unica sessione ma che nel tempo e tuttora non ha mai smesso di seguire i miei passi con assoluta devozione.

Tempo fa in chat gli espressi un mio desiderio che, da bravo devoto, ha in poco tempo dato realtà:

mi incuriosiva il suo escursus da onanista, partendo dagli inizi ad oggi, volevo che lo scritto descrivesse in sincerità il suo essere “onanista” e che tale racconto sulla sua esperienza di vita l'avrei qui postato.

Detto, fatto.

Buona lettura.


"La masturbazione è gratuita, pulita, comoda, e non presenta il pericolo di fare torti ad altri... e poi non devi tornare a casa al freddo. Ma è solitaria."

Robert Anson Heinlein

          Io non so perché le persone inizino a toccarsi. Me lo sono sempre chiesto. Pare un passaggio importante per molti, anche se non è per nulla necessario: nel senso che è un’esperienza non fondamentale. Qualcuno pratica per ripiego, per riempitivo, per mancanza di alternative. Poi ci sono io. Io non so perché le persone inizino perché non so perché io ho iniziato. Paradossalmente fu casuale. Non sapevo nulla di nulla di quelle cose. In famiglia, a scuola, nei luoghi educativi non se ne parlava. Fra gli amici qualcuno iniziava ad affacciarsi al lato sbagliato della cosa, i giornaletti, ma io non li avevo mai guardati, sbirciati o visti. Ne sentivo il bisogno di esplorare quel tema. Fino a una serata qualsiasi, appena finita la scuola. Era giugno, nel periodo compreso fra l’ultimo giorno in classe e l’inizio delle partenze delle famiglie per le vacanze o degli amici per le colonie. Era il momento più bello dell’anno: tutto il giorno in compagnia degli amici a giocare o a fare ciò che ci piaceva. Quel giorno eravamo stati in bicicletta. Pedalare senza una meta per il quartiere: per ore! Sicchè la sera, quella sera, per via del sudore, degli slip anni Settanta così dannatamente acrilici e stretti, dell’abbondante insaponata rinfrescante, io sentii un fastidio in quella zona del corpo che i ciclisti chiamano soprassella. Per questo mi sdraiai nel mio letto, in camera, con la porta aperta e la luce accesa. Ma anche stendersi non migliorava la situazione. Iniziai allora a sfiorarmi la parte, delicatamente per non causare altro rossore. Era un gesto che facevo dopo una puntura di zanzara per cercare sollievo. Chissà mai che… In realtà, il fastidio non accennava ad andarsene, per cui calcai un po’ di più col dito, ampliandone il raggio d’azione. Quel fastidio non passava, ma, per contro, iniziavo a sentire un solletico interessante che diventò una vibrazione intrigante per diventare poi una situazione da esplorare. Ci investii un secondo dito: il fastidio iniziale restava ma veniva superato da questa nuova vibrazione. Terzo dito e la vibrazione partì da laggiù per risalire tutta la schiena, la colonna vertebrale ed esplodermi in gola: con un effetto fra l’inebriante e il rinfrescante che non avevo mai provato! Vissuta così davanti a tutti, nel senso che poteva passare chiunque nella luce di quella porta durante i dieci-quindici minuti di quella mia prima esperienza. Ero talmente impreparato…

Il giorno successivo ci riprovai: con identico risultato, ovviamente. E, così, nei giorni e nei mesi successivi. Lo ammetto, non sapevo cosa fosse, cosa stessi facendo, cosa accadeva al mio corpo: sapevo solo che era una sensazione coinvolgente e inarrestabile.

Solo alcune, molte, settimane dopo, scoprii il nome giusto da dare a quell’atto. Anche qui fu una scoperta casuale, perché di educazione sessuale all’epoca non c’era traccia, in nessuna forma e in nessun luogo. Fu un libro a portarmi sulla strada giusta: o, forse, su quella sbagliata, perché, in realtà, rimasi affascinato dalla piacevole e morbosa sensazione di sapere che “quello” era un peccato: per di più, il tenore di condanna dell’atto che avevo letto in quella pagina fu il carburante per proseguire nel toccarmi, perché a me farlo piaceva. Assai.

Già all’epoca, ma questo posso dirlo solo ora per allora, non era solo una questione fisica: l’atto coinvolgeva tutto me stesso, sia il lato erotico, con il piacere fisico, che il lato cerebrale, anche se – ripeto – all’epoca questo aspetto non mi accorgevo esistesse, non potevo accorgermene. Mi eccitava riuscire ad essere o forse solo a sentirmi diverso da come apparivo pubblicamente, nella mia vita reale di tutti i giorni, fra scuola oratorio e gruppo sportivo.

Questa sensazione è stato di certo il carburante della mia passione: intendo dire, toccarsi a 13-14 anni è normale. Ma, mentre i ragazzi attorno ai 16-18 anni iniziano a sperimentare o vivere rapporti con una partner, io, a quell’età, ero ancora preso ad esplorare l’atto solitario. Non solo a praticarlo. Ogni giorno, dedicavo parte del mio tempo libero, qualche volta la maggior parte di esso, a toccarmi e, soprattutto, a cercare informazioni sul tema, pur nella pochezza del materiale esistente negli anni Ottanta.

In effetti, praticando, scoprii l’importanza per me della Pelle, degli Stivali, dei dettagli, delle foto di moda femminile che trovavo in casa, dei video musicali che ammiccavano a noi adolescenti: in questo è davvero deviante, l’atto solitario, perché è facile, permette di tradurre in Piacere, facilmente, tutti gli stimoli che si ricevo o si creano, senza la complessità del rapporto con un’altra persona. E permette di concentrarsi su un oggetto diverso dal necessario, su un particolare, su una situazione magari nemmeno esistente, in quanto immaginaria e irreale, intangibile e addirittura irrealizzabile.

Per cui, lo stigma della cecità, dei peli sulle mani e degli effetti collaterali che la medicina e la religione hanno associato alla masturbazione per terrorizzare le giovani generazioni e impaurirle dal praticarla è sbagliato nell’oggetto ma non è infondato. Lo dico da esperto, la masturbazione portata a livelli estremi, come nel mio caso, è davvero deviante, per quanto scrivevo poco fa.

Perciò trovo molto fondata la frase di Robert Anson Heinlein, letta cercando riflessioni sull’argomento, che dice: "La masturbazione è gratuita, pulita, comoda, e non presenta il pericolo di fare torti ad altri... e poi non devi tornare a casa al freddo. Ma è solitaria."

Mi permetto di aggiungere “ripetitiva”. Affascinante e tentatrice, nella mia esperienza, ma deviante e ripetitiva.

Per sconfiggere questo suo secondo limite, iniziai a creare tecniche o modalità per diversificare l’atto che al maschile e molto meccanico e poco elegante, oltre che abbastanza monotono. Adoravo farlo con mani guantate, ad esempio, rigorosamente in Pelle, ovvio. Poi passai a usare anche altri materiali: il collo di visone di un vecchio cappotto trovato in un armadio rimase inarrivabile. Iniziai a provare modi per aumentare la sensibilità: accorgermi delle conseguenze in tal senso della depilazione fu una piacevole scoperta. Poi passai a esplorare stimolazioni meccaniche: non male il doccino della vasca da bagno.

A furia di alzare il livello di particolarità e creatività, volli sperimentare tecniche anche estreme, una delle quali mi fece finire al Pronto Soccorso: mentre ero in attesa del mio turno, in una stanzetta riservata vista la particolarità del caso, provai uno strano miscuglio fra imbarazzo e orgoglio. Imbarazzo per l’incidente, orgoglio perché quella, in fondo, era l’affermazione di una mia reale diversità. Finalmente mi sentivo strano, kinky, come quelle persone che adoravo in foto perché avevano modificato il corpo per esprimere la loro sessualità: chi truccandosi in modo pesante, chi tingendosi i capelli, chi sottoponendosi a operazioni estetiche, chi rifacendosi, chi tatuandosi o pierciandosi.

Non proprio in quel momento, ma ripensando durante la convalescenza a quello che mi era accaduto, pensai che dovevo pormi la questione dell’importanza che quella attività aveva per me, visto il punto cui ero arrivato e i segni indelebili che avrebbe lasciato sul mio corpo. Capii che l’autoerotismo non era, per me, un’esperienza temporanea, un rimedio o un ripiego. Era il mio vero orientamento: anni dopo, un sessuologo americano ha creato il termine “autosessualità”. Ecco, io mi definisco tale, autosessuale.

Dopo un certo iniziale imbarazzo (come tutti, mi sono chiesto se era “normale” eccitarmi per un paio di Leather Pants e non per una persona, per poi giungere alla conclusione, dopo anni, che per fortuna io sono così), ho iniziato un percorso in cui mi sono convinto che il nostro, vero, organo sessuale è il cervello e che bisogna soddisfare quello per potersi considerare appagati.

Per questo non pratico sesso con altre persone, perché l'Eleganza che mi trasmette vedere un Guanto o uno Stivale non mi viene trasmessa da altri... in fondo, il Guanto rende sexy ed elegante qualsiasi mano, indipendentemente dalle sue caratteristiche e dalle sue eventuali imperfezioni... l'Eleganza, l'Estetica, i Dettagli colpiscono il mio modo di essere in modo del tutto particolare sia nella sfera erotica della mia personalità che in quella quotidiana.

Purtroppo, non posso rendere pubblica la mia reale natura, per ovvi e comprensibili motivi di opportunità sociale, anche perché la masturbazione è, forse, l’unico vero tabù rimasto, visto come è accompagnato ancora da disapprovazione, ironie e risatine.

Ringrazio, però, Mistress Ingrid per avermi ordinato di raccontare qui la mia esperienza di uno che negli altri aspetti della sua vita non ama sentirsi tale ma che adora dichiararsi, nel privato, sessualmente inferiore per via della mia inclinazione.



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