Di nuovo BoundCon - Parte seconda

[continua dal post precedente…]

 L’ambiente

La cosa che più mi piace di esperienze come la BoundCon è comunque l’atmosfera che si respira durante tutto l’evento. Non certo per l’odore di wurstel che ogni tanto proveniva dal bar interno alla fiera, ma per la situazione fantasticamente libera in cui ci si ritrova immersi fin dal primo momento, quando arrivando davanti all’ingresso si trovano già decine di persone in abito fetish (alcune anche parecchio svestite) che chiacchierano amabilmente fumandosi una sigaretta. E qui è meglio che mi spieghi.

Intanto: non stiamo parlando di scappati di casa che si ritrovano di nascosto in un vicolo buio. Anche se la fiera si svolge un po’ in periferia si tratta comunque di una zona normalmente abitata di una grande città europea, da mezzogiorno in poi. Anche il look fetish non è una timida gonnellina in latex, ma dresscode completi con corsetti strettissimi, tacchi a spillo vertiginosi, harness di cuoio o interi completi da ponygirl. Roba che di solito si vede solo alle migliori feste specializzate. Una gioia per gli occhi, credetemi.

Ma soprattutto il punto è che nessuno si atteggia a superstar, nemmeno chi se lo potrebbe davvero permettere. Prendi Gord, che citavo prima, o il leggendario JD Leathers, o Matthias Grimme che da solo regge tre quarti dell’industria BDSM tedesca con le sue pubblicazioni, le feste, le performance, i corsi, i negozi, i piercing e chi più ne ha più ne metta. Alla BoundCon (o fuori, in questo caso) sono tutte persone normalissime, sorridenti e completamente prive di puzza sotto il naso – al punto che se qualcuno ogni tanto chiede un autografo o di essere fotografato insieme alla sua fetish model preferita la reazione più comune è di incredulità. Come se non avessero proprio niente di speciale, nemmeno se magari hanno appeso due chili d’acciaio ai capezzoli o la pelle segnata dalle frustate appena prese.



Il punto è questo. La BoundCon è a tutti gli effetti una fiera come tutte le altre, con gli stand degli espositori, le conferenze, le dimostrazioni, la fila per i panini, i gadget e così via. Però è anche una zona franca in cui è normale trovarsi fianco a fianco con gente che magari sta facendo provare al suo partner degli aghi nella pelle, o una frusta, o una camicia di forza in pelle nera. Tu sei lì che fai shopping, un altro passa chiacchiarando nel cellulare, e un’altra ancora se ne va in giro con un dilatatore anale enorme che le spunta dal perizoma. E magari sono le due e mezza del pomeriggio.

Da una parte questa atmosfera ammazza completamente la carica erotica della situazione, non c’è dubbio. Dall’altra però viene proprio naturale chiedersi perché diavolo non ci siano più occasioni simili nelle quali vivere liberamente le proprie passioni, circondati da persone con gli stessi gusti e la stessa naturalezza. Eh già, perché di sguardi morbosi o personaggi viscidi non se ne vede in giro neanche uno.



Non solo: come punto d’appoggio avevo prenotato una suite nell’albergo convenzionato con la fiera, che oltretutto è anche piuttosto bello. Quando alla mattina scendevo a fare colazione, pur non essendo assolutamente un luogo privato era pieno di gente in dresscode già alle dieci del mattino e di schiavi e schiave che servivano i loro padroni con tutti i crismi – compreso chi restava completamente nudo e in ginocchio. Il tutto mentre attorno lavorava il normale personale dell’hotel… e si rifocillavano anche gli altri ospiti, che magari non avevano niente a che fare con la fiera. Sguardi di riprovazione? Neanche uno. Dio, che paradiso!

Se penso all’atmosfera che ho ritrovato rientrando in Italia, con il suo solito atteggiamento falso e morboso riguardo a tutto ciò che è sensualità, con la strumentalizzazione del sesso, con l’ignoranza, con le ragazze (e le bambine!) manipolate da delinquenti senza scrupoli per i loro giochetti di potere, con i ricatti, con le battute da caserma… Sì, lo ammetto: tante volte mi chiedo se non sia il caso di emigrare in un paese un po’ più serio del nostro. Magari un giorno lo farò.

Nel frattempo però mi guardo attorno e vedo il mio studio, tutto ciò che ho costruito negli anni, i clienti che sono diventati anche amici o schiavi affidabili ai quali affidare compiti importanti, l’agenda con i numeri di tante persone che fanno parte come me della cosiddetta Scena BDSM e piano piano costruiscono un mondo più tollerante anche qui da noi… e chissà che prima o poi non scopra invece che valga proprio la pena di resistere nella mia città.



La festa

La seconda sera della BoundCon c’è stata Sub Rosa Dictum, cioè la tradizionale festa fetish “della fiera” (anche se in realtà viene organizzata da altri) che, da quando ha chiuso il meraviglioso Kitty Kat Club, è diventata anche l’evento più importante dell’anno per quanto riguarda la Germania meridionale. Figuratevi se potevo mancare.

La festa si svolge in un capannone esattamente di fronte a quello che ospita la fiera. In un angolo ci sono i resti di tubazioni e caldaie industriali, ma è sostanzialmente un capannone vuoto con un paio di banconi bar e poco altro. Costa 40 euro senza consumazioni, non c’è un palco per gli spettacoli (e in effetti non ci sono neanche spettacoli), non ci sono grandi attrezzature BDSM ma solo quattro piccoli separé con delle peraltro bellissime croci di S.Andrea, non c’è un dresscode particolarmente rigoroso e non c’è nemmeno una gran qualità musicale, visto che per tutta la notte è stata suonata musica anni ’80 che più commerciale non si può, compresi Madonna e Michael Jackson. Eppure è un evento imperdibile. Perché?

Perché il capannone non è vuoto, ma strapieno di almeno 3.000 persone mediamente piuttosto belle, sexy e sorridenti; perché dopo due giorni di spettacoli in fiera nessuno sente il bisogno di vedere ulteriori performance; perché se la gente ama davvero il BDSM non ha bisogno di grandi attrezzature per giocare a livelli anche molto intensi (provate a chiederlo al sedere dello schiavo che mi ha accompagnata…); perché nonostante ci fossero anche un paio di persone in jeans e maglietta, tutti gli altri sfoggiavano dei look fetish eccezionali (me compresa, grazie) senza alcun bisogno che fosse una cosa imposta; perché se la gente ha voglia di ballare e divertirsi vanno benissimo belle canzoni che tutti conoscono piuttosto che robe astruse per volere fare gli originaloni a tutti i costi.



Ancora una volta viene spontaneo fare il confronto con l’atmosfera italiana. Conosco molto bene diversi organizzatori di eventi fetish e BDSM in Italia e ho discusso spesso con loro dei problemi e dei successi di questo tipo di serate… e quel che mi dicono è sempre la stessa cosa. In Italia feste così grandi non se ne riescono a fare perché la gente, alla fine, non vuole veramente parteciparvi. Come ho riscontrato personalmente anche io, qui da noi lo sport preferito è lamentarsi senza tuttavia mettersi minimamente in gioco: se la festa manca è colpa di chi non la organizza, se la festa c’è “io in quei posti non ci vado mica” oppure “io non mi vesto strano per andare a una festa”, e anche quando si partecipa finalmente all’evento il tempo lo si passa soprattutto a stare fermi e fare commenti acidi sugli altri partecipanti. La critica più triste che abbia sentito è “io alle feste ci andrei anche, ma bisogna pagare”.

Che sconforto! Se solo sapeste cosa vi perdete… ma dopotutto si sa che siete masochisti, no? Io per fortuna sto dall’altra parte della frusta, e non a caso di solito mi diverto spesso anche alle feste italiane – come per esempio all’Alias Club, ma di questo parliamo la prossima volta.

Post popolari in questo blog

Onanismo

"Clistere di piacere"

Prima volta da Mistress Ingrid a Brescia