Sono stata cattiva... (atto primo)

Sono stata cattiva. Strano, perché non mi capita quasi mai: non perché abbia un carattere da santa, ma solo perché non ne ho bisogno. Comportarsi male, cedere alla rabbia o alla cattiveria “cattiva” (non la crudeltà divertita e piacevole dei giochi BDSM) è uno sfogo al quale si abbandonano le persone represse, in conflitto coi propri sentimenti.
Io per fortuna non sono costretta a reprimere proprio niente, ed è il modo migliore per essere sempre decisamente serena. Però che ci volete fare… nessuno è perfetto, e visto che un blog è anche un po’ un diario e un po’ una confessione, mi sembra il caso di raccontare anche questo episodio.

Tutto è cominciato con una normale telefonata di una persona che diceva di volermi conoscere per giocare insieme e provare un gioco di sottomissione. Niente di strano, anche se il suo tono era talmente agitato da lasciarmi un po’ stupita. Per non parlare dei contorcimenti mentali per cui si era presentato con un nome improbabile, peggio di quelli delle barzellette, e l’aveva rivelato con un sussurro da cospirazione che neanche 007.
Voglio dire: è abbastanza comune che chi non abbia mai parlato con una Dominatrice, e tantomeno con me, abbia un primo approccio un po’ nervoso – ma in questo caso eravamo a livelli tali da farmi “sentire” pure le goccioline di sudore che gli scendevano sulle tempie. Ero stata sul punto di rifiutare l’appuntamento, ma la curiosità ha avuto il sopravvento.

Tre ore dopo si presenta al mio studio un omino davvero ridicolo. Sì, lo so che la gente immagina che tutte le persone che incontro siano personaggi del genere, patetici nella loro inferiorità congenita… ma la realtà è ben differente. Per fortuna la maggior parte di chi gioca con me è composta da uomini molto interessanti, ben equilibrati e bene inseriti nella società, spesso con lavori impegnativi e di potere, e sicuramente con caratteri forti. Lui invece proprio no.
Lui, che chiameremo Temistocle (e non siamo tanto lontani dal soprannome che s’era scelto), era sulla sessantina, più basso della media, sovrappeso, con una piazza luccicante malamente mascherata da una specie di riporto, completo grigio da centro commerciale e mani cicciotte e nervose. Come viso pensate a una caricatura di Prodi e avrete un’idea abbastanza precisa.

Ma Madame Ingrid è una professionista, quindi ho fatto il possibile per non scoppiare a ridere e l’ho accolto come faccio sempre. Prima tappa: il mio ufficio, per capire bene quali fossero le fantasie che l’avevano portato da me.
Sono bastati pochi minuti di conversazione (e suoi balbettamenti sudaticci) per farmi metaforicamente mettere le mani nei capelli. Il signorino voleva semplicemente essere un po’ maltrattato da una… oddio… come dirlo… che fantasia tremendamente folle… da una donna! E sì, perché era arrivato alla sua veneranda età ancora convintissimo che le donne fossero esseri inferiori, e quindi una situazione del genere era per lui addirittura inconcepibile.

E così ok, l’ho presa come una missione. Magari dandogli quel che cercava sarebbe finalmente cresciuto, diventando una persona se non migliore per lo meno decente. Ho pensato che a vedere la camera delle torture gli sarebbe come minimo venuto un infarto, e l’ho quindi portato nell’Ambulatorio.
Vi risparmio i dettagli del gioco. Ma solo perché non c’è stato proprio nessun gioco. Non appena l’ho imprigionato sulla poltrona ginecologica, mi sono infatti resa conto di dove avessi già sentito la sua voce – e soprattutto la sua risatina nevrotica. Un ricordo di tanti anni fa.

Ora naturalmente vorreste che rivelassi subito il mistero, lo capisco. Però se lo facessi dovrei raccontare anche tutto quel che è successo dopo, e la cosa richiede tempo. Per mia fortuna, questa sera ho tutt’altri progetti – quindi dovrete aspettare.

Sì, sono sadica, lo so…

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