Il "vero" sadomaso

Ci sono momenti in cui essere appassionate di dominazione quanto lo sono io è un po’ sconfortante. Parlo di quando mi tocca confrontarmi con l’ignoranza tremenda che la gente ha del BDSM e di queste forme di erotismo: senza stare a ripetere per la centesima volta i motivi “culturali” che hanno reso certe pratiche una barzelletta (o un pericolo) secondo l’opinione pubblica, non posso fare a meno di notare una grande confusione anche in chi – poverino – pensa davvero di capirci qualcosa.
Oggi approfitterò allora dell’occasione per darvi un po’ di definizioni che possano permettervi di evitare equivoci e figuracce anche quando mi scrivete o mi contattate per telefono – cosa che capita con una certa frequenza.

Partiamo dal principio con un concetto semplicissimo, che avete senz’altro già sentito esprimere anche nei documentari di Piero Angela. I mammiferi (per i più distratti: noi esseri umani siamo mammiferi) posseggono un istinto innato per la dominazione e la sottomissione.
Ciò vuol dire che fa parte della natura di tutti provare un certo piacere sia nell’imporre arbitrariamente la propria volontà sugli altri, sia nel rinunciare a ogni resistenza e abbandonarsi ai desideri di un’altra persona. Questi istinti possono essere più o meno forti a seconda di tanti fattori che cambiano col tempo, e sono sempre rafforzati se la dominazione/sottomissione avviene in un contesto erotico.

Quando l’istinto di dominare qualcuno o di farsi dominare è così forte da essere incontrollabile e da influire negativamente sulla vita quotidiana si parla di “sadomasochismo”. Senza entrare nei dettagli, il sadomasochismo è una malattia che deve essere tenuta sotto controllo e possibilmente curata da professionisti.
Sia ben chiaro: non sto parlando della voglia di dare uno sculaccione al proprio partner… Qui mi riferisco a raptus incontrollabili per cui un sadico (patologico) finisce col far male per davvero a qualcuno oppure un masochista (patologico) si fa fare dei danni – anche solo a livello mentale – dal prossimo.

Se invece, come accade nella quasi totalità dei casi, l’istinto di dominazione e sottomissione viene tenuto bene sotto controllo e magari si impara a sfruttarlo nell’ambito dei propri giochini privati abbiamo a che fare col “BDSM”. La differenza è bella grossa, quindi conviene tenerla bene a mente.
Il BDSM si fonda sul principio della consensualità fra adulti consapevoli, sul non provocare danni di alcun tipo e sul piacere reciproco – tutti aspetti che mancano nel sadomasochismo.

Ciò vuol forse dire che chi pratica BDSM faccia solo giochi “all’acqua di rose”? Ovviamente no: è BDSM anche perforare con aghi la pelle di una persona, schiacciare i testicoli con una morsa, fare pipì in bocca a qualcuno o frustare a sangue una schiena. Il fatto che siano gesti compiuti con consapevolezza, tecnica e coscienza non vuol mica dire che siano meno intensi.
Questo ci porta a un secondo discorso che mi ha fatto arrabbiare abbastanza spesso, cioè l’atteggiamento di alcune persone che si definiscono “della vecchia scuola” o “vecchia guardia” o, peggio di tutti, “veri praticanti”.

Per questo genere di personaggi, composto in gran parte da presunti dominatori e dominatrici con i quali faccio tutto il possibile per non mescolarmi, l’aspetto del gioco, dell’esplorazione sensoriale e spirituale e soprattutto del rispetto del partner è completamente assente. Credo che li abbiate presenti anche voi, come minimo perché è il modo di fare tipico di molte “mistress da Internet”, che di questi discorsi ci riempiono i loro siti web.
Riassumendoli, il concetto è: “siccome sono convinto di essere superiore al resto del mondo è vostro dovere assecondarmi, farvi massacrare psicologicamente e fisicamente e non discutere… se no, non siete degni di ritenervi ‘veri sottomessi’.”

Come no. Spero proprio che non ci sia bisogno che ve lo dica io, ma chi si pone a questo modo non solo non ha capito niente di dominazione, ma presenta pure tutti i segni di un brutto squilibrio mentale. Certi ricatti psicologici funzionano alla grande con chi ha poca autostima, sta passando un momento difficile o crede di dover dimostrare il proprio valore anche in campo erotico.. ma restano delle gran stupidaggini.
Se avete l’abitudine di leggere il mio blog sapete benissimo che, oltretutto, l’idea stessa di “vero BDSM” o “vero feticismo” è del tutto ridicola. Ognuno vive la propria sensualita come gli pare e piace, esplorandone gli aspetti più interessanti a seconda del momento e dei propri gusti. L’unica “verità” è quella che dicevo prima: rispetto, consapevolezza e consensualità. Nessuno potrà mai dare una certificazione Iso 9000 di sottomissione D.O.C. o un marchio ufficiale di dominazione, quindi è inutile riempirsi la bocca di certe panzane.

E la storia della Vecchia Guardia, allora? Non ha proprio nessun fondamento?
In realtà sì, ma è completamente diversa da quel che abbiamo detto finora. Se avete un po’ di pazienza, ecco tutta la verità.

Una Vecchia Guardia sadomaso esiste davvero, o meglio esisteva. Il fatto è che però si trattava degli anni ’50, e degli Stati Uniti. Niente a che fare quindi con la nostra situazione di adesso.
La cosiddetta Old Leather Guard (per usare il termine corretto) era composta da quegli uomini nati fra il 1900 e il 1920 che avevano passato buona parte della loro vita adulta sui campi di battaglia di due guerre mondiali. Non ci vuole un sociologo per capire che in quelle condizioni era stato facile per molti di essi sviluppare una sessualità molto orientata alla disciplina e al tipo di persone che avevano intorno, cioè altri uomini.

Con la fine delle guerre questi personaggi erano tornati a casa e si erano ritrovati in un mondo incapace di accettarli: omofobico, poco strutturato (almeno per i loro standard) e nel quale non sapevano orientarsi. Di conseguenza avevano allora creato confraternite, club e ritrovi in cui poter rivivere il tipo di erotismo che amavano: luoghi in cui la gerarchia e le regole erano inflessibili, in cui le donne non potevano assolutamente entrare e nei quali alla disciplina militare si erano sostituiti altri rituali.
Anche le uniformi erano cambiate. Non potendo andare in giro con mostrine e medaglie, il nuovo look da macho si basava sulla pelle nera… che però aveva un piccolo difetto. Era infatti lo stesso tipo di abbigliamento delle bande di motociclisti, e per vari motivi andò a finire che i due mondi confluissero in un solo ambiente gay, che prese il nome di “scena Leather” (leather vuol dire “cuoio”).

Un aspetto interessante della cosa è che fra i vecchi leather venivano tenuto in gran considerazione aspetti morali come l’Onore, la Reputazione e l’Onestà. Sotto molti aspetti, la maggior parte del gioco consisteva nel guadagnarsi il rispetto del resto del gruppo comportandosi in maniera ineccepibile.
In effetti, il termine “Master” che usiamo oggi – e la sua versione femminile, cioè “Mistress” – sono nati proprio in questo ambiente, ma avevano tutto un altro significato. Un Master infatti non era un tizio che urla e pretende in nome di chissà quale diritto di dominazione, ma semplicemente qualcuno che si era adoperato così tanto per il benessere e la crescita della comunità leather da essersi meritato il titolo di “Maestro”.

Mentre i Dominanti sono sempre stati molti, i Master erano e sono una cosa rarissima, nominata nel corso di cerimonie ufficiali e presi come esempio dall’intera comunità. Poi, naturalmente, sono arrivati gli anni ’80 e tutta la cultura leather si è imbastardita, diffondendosi e distorcendosi fino a risultare irriconoscibile.
La prossima volta che qualcuno pretende che la chiamiate Mistress provate a ripensare a tutto questo discorso, e sappiatemi dire se non vi viene da riderle in faccia.

Altro che “vero sadomaso”, tzè!

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