Il porno che ci voleva

Oggi si parla di libri. Considerate pure questo post una specie di “consigli per gli acquisti”, con la differenza che nessuno mi paga (ahimè) per fare pubblicità e che non sono coinvolta in alcun modo con gli autori, l’editore o altri.
Il libro in questione è in realtà un’opera a fumetti divisa in tre volumi. Si intitola Lost Girls - Ragazze perdute ed è così particolare che un po’ del mio blog se lo merita tutto.

Per capire come mai mi sia piaciuto tanto sarà meglio cominciare dall’inizio, e cioè dall’osservazione che, di solito, la pornografia fa abbastanza schifo. Non per quello che rappresenta, per chi la realizza e così via (se volete di questo parliamo un’altra volta), ma proprio perché è brutta. Normalmente infatti ci sono gran foto di sessi in primo piano, ma dopo avere compiuto vent’anni bisogna riconoscere che di eccitante non è che abbiano molto…
Certo, in alternativa ci sono delle splendide opere di raffinato erotismo in cui le foto sono meravigliose, artistiche, creative e tutto quel che volete voi… ma anche in questo caso hanno il non trascurabile difetto di fare un gran figurone in una galleria d’arte ma essere eccitanti quanto un Picasso – cioè neanche un po’.

E vogliamo parlare dei cosiddetti libri erotici? Alcuni “classici dell’erotismo” sono francamente delle pizze noiosissime, scritte fra l’altro con uno stile da romanzetto Harmony. Altrimenti ci sono proprio i racconti porno, che bisogna anche riconoscere che sanno essere eccitanti, ma in quanto a trama fanno pietà. Se devo essere sincera, per passare qualche momento piacevole faccio senz’altro prima a chiudere gli occhi e scatenare la fantasia piuttosto che leggere per la miliardesima volta la storiella della ricca borghese che scopre di essere una zozzona (se va bene) o della casalinga che tradisce il marito con l’idraulico (quando va male).
Insomma, la conclusione è questa: come dicevo all’inizio, la pornografia fa abbastanza schifo. Capirete che, per una che dedica alla sensualità quasi ogni attimo della propria vita, è un problemino forse non gravissimo, però sicuramente fastidiosetto anziché no.

È qui che entrano in scena Alan Moore e la sua compagna Melinda Gebbie. Lei è una illustratrice di cui a dirla tutta non avevo mai sentito parlare, mentre lui è uno sceneggiatore e scrittore di cui invece ho sentito parlare fin troppo da diverse mie conoscenze. Scherzo, naturalmente: in realtà è stato uno degli argomenti di conversazione preferiti da un paio di amici che amano molto il mondo dei fumetti.
Senza farla troppo lunga, diciamo che fa parte di quella ristretta cerchia di autori che circa vent’anni fa ha preso un genere moribondo, noioso e infantile come quello dei fumetti e ne ha fatto una vera e propria forma d’arte letteraria “come si deve”, grazie a stile e argomenti di tutto rispetto. E un giorno ha fatto la mia stessa osservazione: ma è mai possibile che tutta la pornografia debba essere così mal fatta, e non ci sia nemmeno un’opera che abbia un valore almeno un pochettino artistico?

Per rispondere ci ha messo quasi quindici anni (anche perché nel frattempo aveva il suo bel da fare a casa, dove lui e Melinda erano “fidanzati” con un’altra ragazza che viveva con loro), ma alla fine è venuto fuori il libro di cui stiamo parlando.
Se so tutte queste cose è perché me le ha raccontate un gentilissimo libraio, e credo che se non me le avessero dette forse non avrei neanche acquistato i tre volumi. Diciamolo: lo stile di disegno, o meglio i vari stili usati, non è che mi facciano proprio impazzire. Non sono brutti, ma sono di un genere un po’ naif che si adatta benissimo alla trama, ma… boh, non so. Non è il mio genere.

E la trama, allora? Cosa si è mai inventato Moore per creare il suo capolavoro porno?
Presto detto: subito prima della prima guerra mondiale c’è un albergo sulle Alpi in cui si ritrovano tre donne. Una è una nobile inglese lesbica, raffinata e mezza pazza; una è una campagnola americana in cerca di riposo e compagnia, e l’ultima è la moglie di un ingegnere (o era un diplomatico?) repressissimo, noiosissimo e molto più vecchio di lei. Le tre fanno amicizia, cominciano a raccontarsi i loro passati e, visto che non c’è neanche molto altro da fare, finiscono prontamente a far sesso insieme. E vi risparmio le vicende di tutti i personaggi secondari.

Fin qui sarebbe una storiella poco migliore del più dozzinale degli Emanuelle, se non fosse per qualche bel particolare.
Il primo è che le donne sono, rispettivamente, le protagoniste di Alice nel paese delle meraviglie, il Mago di Oz e Peter Pan. Le storie che raccontano sono le favole che tutti conosciamo, ma “vere”: garantisco che non guarderete più con gli stessi occhi la fatina Campanellino o il Cappellaio matto.
L’altro aspetto interessante è l’ambientazione storica, con tutto quel che riguarda non solo lo scoppio della guerra ma anche episodi affascinanti come la “prima” della Sagra della primavera o le l’atteggiamento della legge nei confronti degli omosessuali. Si parla dell’effetto che ha fatto la prima edizione di certe opere di Oscar Wilde, dello stile di alcuni illustratori licenziosi, di tanti spunti culturali che nessun altro lavoro, né “erotico”, né “porno” ha mai avuto prima.

Il bello è che però non si tratta solo di un romanzo per intellettuali, ma è un’opera sinceramente pornografica in cui succede di tutto, si vede di tutto e si immagina ancora di più. Ci sono naturalmente tante situazioni di dominazione, feticismo e così via, ma me le aspettavo: dopo tutto sono il sale della vita, no?
Per quanto mi riguarda posso quindi dire che la missione è stata compiuta perfettamente. Ragazze perdute è eccitante, intrigante, stimolante, colto e tutto quel che manca(va) dal mondo del porno fino a oggi.
Pensateci, la prossima volta che girate su Internet in cerca di fotine di donnacce nude… Forse dovreste essere puniti per la vostra superficialità, vi pare?

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