Ordalie

Nei libri di psicologia spicciola si legge abbastanza spesso una delle cosiddette Grandi Verità sulla dominazione erotica: “i più grandi amanti della sottomissione sono le persone che nella vita quotidiana detengono ruoli di potere, e viceversa gli individui più frustrati sfogano le loro tensioni adottando l’identità di dominatori”. Credo di avere abbastanza esperienza di queste cose per poter dissentire: nella realtà le cose non sono affatto così semplici.
Per esempio, le persone frustrate e nevrotiche sono in realtà le meno adatte a condurre un gioco di esplorazione sensoriale fra adulti. A volte capita di vedere ometti isterici che si atteggiano a “padroni” strillando e facendo grandi scene, ma atteggiarsi non basta: quelli restano omuncoli, e ciò che fanno non ha nulla a che fare con il BDSM. Il discorso, ahimè, vale purtroppo anche per le donne.

Ci sono poi fior di schiavi e schiave che sul lavoro hanno posizioni di netta inferiorità ma si trovano benissimo nel ruolo di chi subisce le fantasie della Dominatrice, quindi anche questa parte dell’equazione semplicemente non regge. Tuttavia è vero che ci sono anche personaggi come quelli tanto appassionatamente descritti dagli “espertoni” dei rotocalchi, ed è di loro che voglio parlare oggi.
Visto che l’ho incontrato pochi giorni fa, mi viene in mente in maniera particolare un carissimo amico sul cui lavoro per riservatezza non posso dire davvero nulla, ma che ricopre una posizione che definire “dirigenziale” è addirittura riduttivo. Lui, che chiameremo per comodità “Carlo”, è un po’ il prototipo di diverse altre persone che condividono la sua stessa storia e psicologia, quindi parlare di lui è come raccontare di tutta una categoria specifica di personaggi.

Carlo ha da tempo l’abitudine di vedersi con me prima dei meeting più importanti, quelli da cui dipendono bilanci aziendali, destini di intere categorie di lavoratori ed equilibri di cui si legge spesso sui giornali. Lui non ha proprio nulla da espiare: la posizione di potere che detiene oggi se l’è conquistata con tanto impegno e forza di volontà, e pur avendo i suoi aspetti stressanti gli piace davvero molto.
Qui non si tratta quindi di “scendere in basso per mettersi l’animo in pace col mondo”, e a dire tutta la verità neanche di una passione masochista “pura”, cioè di amore per il dolore o l’umiliazione. Il meccanismo psicologico è molto più sottile e, dal mio punto di vista, affascinante.

Carlo e coloro che condividono il suo carattere vengono a visitare la mia Camera Rossa per compiere quella che gli antropologi chiamano una “ordalia”, cioè una specie di rito che sotto forme differenti accomuna molte culture. Nella società moderna le ordalie sono quasi scomparse del tutto se non nelle loro forme più astratte e simboliche, ma trattandosi di qualcosa che nasce dagli istinti primordiali della razza umana sopravvivono naturalmente dentro ciascuno di noi.
Per capire di cosa sto parlando conviene però fare un esempio un po’ brutale, parlando delle ordalie “classiche”, quelle che si compievano nelle società primitive. Qui si trattava di riti di passaggio che venivano eseguiti per conquistare un ruolo di prestigio nella gerarchia della tribù, per “lavarsi le colpe” dalla coscienza e dalla reputazione, oppure per scopi “magici” che si traducevano in una maggiore senso di potere personale.

Lo svolgimento poteva assumere molte forme differenti, ma in generale si riduceva a questo: il soggetto si provocava volontariamente gravissime sofferenze, riducendosi a volte quasi in fin di vita, per poi ovviamente riprendersi e tornare in ottima forma. A quel punto poteva però fare una cosa che prima gli era preclusa: guardarsi alle spalle e dire “sono sopravvissuto, anche una cosa terribile come quella non mi ha distrutto. Sono stato più forte di lei”.
Se pensate che si tratti di una stupidaggine lasciate che vi dica una cosa: gli stupidi siete voi. Sì, perché in realtà tutti noi superiamo nelle nostre vite decine e decine di ordalie piccole e grandi, e se solo ripensate alle vostre esperienze personali potete senz’altro ricordare il grandissimo piacere che avete provato nel dire anche voi “sono sopravvissuto”. Ma c’è una differenza: le ordalie “primitive” erano riti quasi pubblici, quindi superarle faceva guadagnare non solo il rispetto di sé stessi, ma anche quello di tutto il resto della società di cui si faceva parte.

Torniamo però a noi e ai nostri giorni. Penso che mi crederete se affermo che conosco davvero tanti, tanti modi per fare soffrire le persone. Modi raffinati, modi brutali, modi invisibili e modi che lasciano a lungo segni ben visibili. So come dare dolore fisico e psicologico, come far crollare le resistenze del corpo e quelle della mente… Insomma: di norma sono molto attenta a non superare alcun limite e rispettare l’integrità della persona con cui gioco, ma ho senz’altro tutti gli strumenti per potere andare oltre.
Ebbene, quello che succede con Carlo è una specifica e precisa richiesta di andare oltre quei limiti. Non tanto di fare un gioco di dominazione, ma di sottoporlo a un’ordalia. In effetti non è questo il termine che usa lui, ma il significato è decisamente quello.

Scommetto che vi state già facendo un’idea di dove stia andando a parare… Quel che succede in questi incontri di eccezionale intensità ed emozione è che, senza mai mettere a repentaglio nulla del mio soggetto, lo aiuto a “distruggersi” per potere rinascere alla fine della sessione molto più forte di prima.
Come dice Carlo, “ogni volta mi sembra di essere sul punto di morire, ma quando esco dal tuo studio sono pronto ad affrontare qualsiasi cosa”. Se vi siete mai chiesti come facciano certi uomini di potere a trovare la determinazione, le energie e la volontà di gestire contrattazioni estremamente critiche e rischiose, a restare calmi in situazioni che farebbero tremare le ginocchia a qualsiasi persona cosciente delle proprie enormi responsabilità… Beh, adesso forse conoscete una delle possibili risposte.

A cosa serve la dominazione erotica? A volte, anche a far funzionare il mondo. In molti, moltissimi modi più di quelli che pensavate.

Buon anno, piccini…

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