Collari

Ogni tanto ripassare le basi conviene, tanto per evitare qualche stupido ed evitabilissimo errore. Errori, per esempio, come quello di una splendida modella che, nell’ennesimo servizio fotografico con ammiccamenti fetish pubblicato da un settimanale di “notizie e politica”, è comparsa con un bel collarone che sembrava uscito dritto dritto da Histoire d’O. Peccato che interpretasse la figura della Dominatrice.
Naturalmente in questo caso preciso non c’è nessunissimo problema. Una foto è una foto, una modella non è altro che un’attrice, e l’unico ad averci fatto una pessima figura è lo stylist che le ha scelto gli abiti. Però i simboli sono una cosa importante per chi ci crede, e si dà il caso che io (e moltissime altre persone amanti di un certo erotismo) ci crediamo molto. Fatemi allora smontare qualche leggenda urbana che, come tutte le leggende urbane, sembra essersi diffusa soprattutto via Internet.

Tanto per cominciare: se qualcuno deve mettersi un collare, non è certo la Padrona. Sono d’accordo anche io che ce ne sono alcuni eleganti quanto e più di un collier di gioielleria, ma col collare (e semmai al guinzaglio) ci stanno i cani e tutte le creature inferiori. Per caso vi sembro inferiore a chicchessia? Appunto.
A proposito: non c’è nessuna regola che dica come debba essere fatto un collare. C’è chi usa quelli comprati al supermercato, chi se li fa realizzare su misura da artigiani raffinatissimi, e chi persino considera “collare” una catenina qualunque o un… bracciale. In effetti, ho visto pure delle coppie in cui il ruolo del collare era svolto da un normale orecchino.

Con questo non voglio dire che all’orecchio fosse attaccato un guinzaglio. Il senso è che i collari sono simboli di possesso, e ognuno ha tutti i diritti di scegliere (insieme al partner) che aspetto possa avere il proprio simbolo.
A dirla tutta, non è nemmeno obbligatorio che uno schiavo debba portare un guinzaglio: io dico sempre che i segni più profondi sono quelli che si portano nel cuore e nell’anima, e ciò vale più che mai in questo caso.

Che io sappia ci sono solo due casi in cui indossare un collare è quasi indispensabile. Il primo è quello delle feste o degli incontri “pubblici” con molti altri appassionati di BDSM, dove non si conoscano tutti i presenti. In queste occasioni sfoggiare un collare ha un doppio significato: “preferisco il ruolo sottomesso”, e “lascia perdere, sono già occupato”. O occupata, visto che il problema dei cascamorti riguarda soprattutto noi donne. Portare un collarino non è che risolva ogni problema, ma in molti casi ne riduce notevolmente il numero.
Caso numero due: nelle chat di Internet, dove è ormai prassi esibire un collare virtuale quando si ha una relazione fissa. Tipo: “schiavo [I]”. La “I” ovviamente sta per “Ingrid”, e c’è addirittura il simbolo opposto: “Ingrid]s[“ che suppongo stia a significare “sono la proprietaria di uno con un nome che inizia per ‘s’”. Anche qua l’utilizzo è soprattutto di scoraggiare i tacchinatori, e secondariamente vantarsi con le altre persone presenti.

Qui sorge però un problemino. Allontanare pretendenti e vantarsi possono essere cose molto utili, però non c’entrano niente con il significato che un vero appassionato di dominazione dà a questo simbolo. Ci credo che poi si finisce a vedere collari anche addosso a tante presunte “mistress”!
Un effetto collaterale di tutto questo è che ci sono persone che mettono, tolgono e cambiano collare come se si trattasse di un paio di mutande… ed è un comportamento che è capace di farmi andare in bestia. Lasciate quindi che vi spieghi una cosina.

Da sempre, l’utilizzo vero dei collari nelle relazioni di dominazione è stato un po’ diverso. C’era una persona che desiderava appartenere anima e corpo a un’altra: la seduceva, le si offriva e cercava di fare l’impossibile pur di compiacerla.
La Padrona (o il padrone, naturalmente) studiava quest’individuo con calma, mettendolo alla prova in ogni modo. Valutava attentamente pro e contro, dopodiché c’era una lontana possibilità che gli proponesse di accettare il suo collare. Tempo medio dall’inizio dei giochi: un anno abbondante, ma spesso molti di più.

È una cosa molto diversa dalle parentesi di Internet, e per un buon motivo. Chi accettava di tenere un collare al collo faceva una scelta seria quanto un matrimonio: decideva di dedicarsi interamente all’altra persona e rimettere a lei ogni scelta riguardante la sua vita. Non solo se ricevere qualche frustata, ma anche decisioni di carriera, famiglia, studi, eccetera eccetera.
Questa è anche la ragione per cui le vere Dominatrici non sono affatto comuni: stiamo parlando di persone che oltre a conoscere tutte le sottigliezze dei giochi erotici sono anche in grado di prendersi la responsabilità di guidare l’esistenza altrui.

C’è un’altra cosa che a molti “virtuali” sfugge. Al di là di quanto detto prima sulla variabilità della forma, un collare di quelli veri veniva chiuso una volta (dal partner sottomesso) e non aperto più, se non alla chiusura definitiva della relazione. E a scegliere di aprirlo poteva, ovviamente, essere solo il partner dominante. Un simbolo molto serio, come si diceva.
Se ho usato il tempo passato è perché negli ultimi anni questo e altri importanti usi del “mio” mondo sono stati pian piano abbandonati sino quasi a sparire. Potrete facilmente immaginare che la cosa non mi fa per niente piacere.

Oh beh, la vita continua e non sono certo il tipo di persona da abbandonarsi alle nostaglie e i conservatorismi… però ci tenevo a fare intuire ai miei lettori più pazienti l’esistenza di un modo di concepire la dominazione che è molto più profondo di come la si viva normalmente oggi.
Un paio di miei schiavi lo sanno bene – e infatti i loro collari sono chiusi con un lucchetto di cui solo io ho la chiave…

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