Cosa sarà mai un nome

Ieri mi hanno fatto una domanda abbastanza interessante, che trovo strano non mi venga rivolta più spesso. La domanda era: “ma lei si chiama davvero Ingrid”?
Risposta breve: “Per quanto ti riguarda mi puoi chiamare Madame”. Ma la risposta vera e propria è un po’ più complessa e interessante, credo.

Fra chi pratica BDSM adottare uno pseudonimo è assolutamente normale. Tanti lo fanno perché ormai si è abituati a comunicare molto via Internet, con le chat, i forum e tutte le altre diavolerie informatiche dove è la prassi usare un nickname. Altri invece usano soprannomi per difendere la loro privacy… e qui sta la parte curiosa.
Credete che il problema siano le altre persone che frequentano il mondo del BDSM? Mica tanto. Naturalmente è normale come in qualsiasi ambiente non andare a dare il proprio indirizzo al primo che capita, ma a parte quello non è che serva più di tanta privacy. D’altra parte, come avevamo detto tempo fa, se qualcuno ti incontra in una situazione BDSM evidentemente è lì anche lui per quello, quindi non ha alcun senso vergognarsi. (Che poi vergognarsi non ha mai senso in assoluto, ma lasciamo stare…)

Il problema vero arriva dalle cosiddette “brave persone”, cioè quei moralisti che ritengono di essere stati incaricati da un’entità superiore di sterminare tutti coloro che non la pensano come loro. Credo conosciate i tipi: sono quelli che se, per esempio, uno è omosessuale, non è che semplicemente evitano di passare del tempo con lui – ma trovano indispensabile fare ramanzine moraliste, comizi, proteste e magari massacrarlo di botte.
Se state pensando che esageri ricredetevi: anche dove i pestaggi non sono più di moda, il mobbing sul lavoro o l’ostracismo in famiglia è abbastanza normale. E questo accade non solo per i gay, ma per chiunque abbia delle idee leggermente meno che conservatrici. Il bello è che sono sempre i moralisti ad attaccar briga… Avete mai visto un ateo che va a rompere le scatole a un testimone di Geova, per esempio? O un gay che vuole a tutti i costi convertire un eterosessuale?

Comunque: dicevamo che gli pseudonimi servono soprattutto a evitare che la portinaia ti butti via la posta, che i negozianti ti guardino male quando vai a fare la spesa o che la maestra di tua figlia ti denunci per pedofilia anche se di regola giochi solo con persone sopra i 40 anni.
Ma poi c’è un altro motivo più “filosofico” per scegliersi un nome. Il fatto è che chiamarsi Tizio o Caio in realtà non cambia assolutamente nulla per chi ci circonda… ma in compenso cambia moltissimo per noi stessi. Il nome è una cosa che ci viene affibbiata sin dalla nascita da un’altra persona, e che in un certo senso indica il suo possesso su di noi. È così anche per il corpo – proprio nel senso di braccia e gambe – ma in quel caso ci sono tatuaggi, piercing, trucco e semplici abiti per assumere tutte le identità “personalizzate” che si vuole.

Scegliersi il proprio nome è un gesto di indipendenza – e infatti spesso sono io a scegliere il nome dei miei schiavi. La prossima volta che vi chiedono come vi chiamate, provate a pensarci. Se la risposta è: “come voglio io” mi state già più simpatici.

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