Sicura, per il momento

Questo post è stato scritto durante una breve vacanza extra, dalla cabina che mi è stata riservata sul bialbero del caro Maurice. Probabilmente state pensando esattamente quello che sto pensando io: “in una situazione del genere mettersi alla tastiera di un computer è assurdo, ci saranno un sacco di cose più piacevoli da fare”. Peccato che la situazione sia un po’ meno rosea di quanto pensassi.
Primo problema: essere andata e venuta dalla città ha colpito duro. Colpa degli sbalzi di temperatura, dei condizionatori e del fatto di aver voluto fare di più di quanto avrei dovuto. Per fortuna non ho niente di grave, ma oggi avevo una piccola febbriciattola e stasera ho preferito restare a bordo per andare a letto presto e smaltire con una buona dormita quel grado di temperatura in più che ho addosso. Secondo problema: una delle schiave di Maurice ha avuto un brutto contrattempo famigliare ed è dovuta partire questa mattina, così i programmi della serata sono saltati in attesa della sua sostituta. La fanciulla però deve arrivare da Berna e anche con tutta la buona volontà sarà qui solo in nottata, così non siamo potuti salpare (dopo il gergo informatico sto imparando anche quello nautico!) per il tratto di due giorni che era stato previsto.

Morale della favola: visto che sono ferma in porto tanto valeva approfittarne per riordinare un po’ i pensieri. Ce ne sono un bel po’, alimentati dal fatto che i tempi dilatati della vita di mare mi hanno permesso di leggere qualche giornale arretrato rimasto a bordo. Fra le tante notizie ce ne sono alcune che mi hanno lasciata perplessa.
Una è il casotto nato attorno a un videogioco così violento da essere stato censurato addirittura prima che arrivasse nei negozi. Questi casi di solito sono semplici trovate pubblicitarie, ma questa volta sembra che sia tutto vero: se le descrizioni che ne ho letto sono affidabili, devo riconoscere che in effetti potrebbe trattarsi di una cosa tanto stupidamente violenta da dare quasi ragione ai censori (“quasi” perché chi censura la ragione non ce l’ha mai, per definizione).

Un’altra notizia riguardava la cosiddetta giornata dell’orgoglio pedofilo. Da come l’ho capita io si trattava solo dell’idea imbecille di qualcuno con un sito Internet sconosciuto e non avrebbe avuto alcun seguito, ma dopo che hanno cominciato a parlarne tutti i giornali la gente si è gettata su quel sito con una fame morbosa che mi ha ricordato la gente che si accalca sul luogo degli incidenti.
Avete presente quelli che sgomitano per vedere un po’ di sangue e disgrazia?
Ecco: qui mi sembra proprio che sia successa la stessa cosa disgustosa. Col risultato che ora qualche potenziale criminale avrà sicuramente trovato interessante l’idea di molestare bambini, e adesso tutto il can can ne avrà scatenato le voglie… proprio un bel risultato!

Infine c’è un ultimo elemento che non è proprio una notizia, ma c’entra lo stesso. Due sere fa la moglie di Maurice (una donna tanto affascinante quanto è sadica) ha smaniato per portarci a vedere in un cinema all’aperto un film che, secondo lei, avremmo apprezzato molto. Si trattava di Hostel 2, anch’esso finito a suo tempo sui giornali per una serie di dibattiti assolutamente inutili. Se fate una ricerca in rete scoprirete senz’altro di che si tratta.
Beh, che dire… per quanto mi riguarda non l’ho apprezzato affatto. Le poche parti che mi hanno interessata erano quelle in cui il regista cercava di fare un po’ di commento sociale, anche se erano gestite così grossolanamente da essere a volte ridicole. Lei invece si è esaltata per le scene di macelleria, come d’altra parte quasi tutto il pubblico del cinema. Ed è di tutte queste cose che voglio scrivere oggi.

Che io mi definisca una sadica non è certo una sorpresa, e che mi piaccia quindi fare soffrire le persone che amano soffrire neanche. Tanto per chiarire: uno dei motivi per cui non sto benissimo è che l’altro giorno ho dedicato diverse ore sotto il sole a torturare uno schiavo legato sulla prua della nave – e non sto parlando di giochini leggeri.
Ciò nonostante le reazioni del cinema e l’entusiasmo decisamente eccessivo che ho visto nei confronti delle manifestazioni di violenza (cinematografica, mentale, virtuale…) di cui ho parlato mi hanno sinceramente preoccupata. Stavo per scrivere “spaventata” ma forse sarebbe eccessivo… però forse no. E vi spiego perché.

Se rileggete qualche riga sopra vedrete che ho scritto “far soffrire chi ama soffrire”. È una cosa di cui ho parlato più volte nel blog: quello che mi interessa e piace è guidare le persone in un viaggio attraverso le loro sensazioni ed emozioni, in modo da far provare loro esperienze nuove e a conti fatti piacevoli, che a volte le migliorano addirittura come esseri umani.
Quello che ho visto negli episodi descritti invece è violenza pura e semplice, in cui qualcuno si accanisce contro persone che non hanno nessun desiderio di subire – ma soprattutto si accanisce per il puro gusto di farlo, per l’esaltazione di sfogare i suoi impulsi, per il piacere animalesco di vedere che cosa succede quando si supera ogni limite: se, per esempio, pianti una sega elettrica in faccia a una persona.

Ora, è chiaro che capisco benissimo che una parte di noi possa avere questi istinti: d’altra parte siamo animali anche noi esseri umani. Però è anche vero che abbiamo un cervello, e una persona sana di mente non si sognerebbe mai di scatenare certe fantasie. Francamente, se dovessi pensare ad applicare uno solo degli strumenti che ho visto in Hostel 2 al corpo di qualcuno, l’unica cosa che mi verrebbe in mente sarebbe di vomitare per lo schifo.
Posso capire se la violenza è una metafora di qualcosa, se come nei libri di De Sade è descritta apposta per mostrare le oscenità di cui sono capaci le persone e la si vede in maniera distaccata, ironica. Posso capire tutto, davvero… ma le urla da stadio che ho sentito al cinema non le capisco per niente e mi terrorizzano profondamente. Che razza di gente può esultare per immagini simili?

Mi ricordo che una volta parlando con un conoscente americano che non sapeva nulla delle mie passioni mi venne detto: “io non voglio avere niente a che fare con chi non crede in dio, perché sono persone che non hanno nulla che impedisca loro di comportarsi male”. La conversazione finì quasi in lite, perché chi è capace di un pensiero del genere è come se dicesse che l’unico motivo per cui non si comporta male è la paura di finire all’inferno. Se non avesse quel timore farebbe sicuramente qualsiasi schifezza… ma che razza di ragionamento è?
Io sono atea, ma non per questo sono una criminale o una persona senza principi morali. Il fatto è che mi comporto con dignità, senso civico, rispetto delle persone e delle leggi per me stessa, non perché ho paura di qualcosa. Lo faccio perché se no non mi considererei una persona degna e matura, non per altro.

Quello che ho percepito nel cinema, quello che immagino provi qualcuno che si diverte con un videogioco concepito per permettere di infierire in maniera cruenta sulle vittime, quello che temo faccia eccitare chi va a ficcare il naso nei siti pedofili, invece, è lo stesso sentimento di cui parlava quel “sant’uomo” d’America. L’idea che se non ci fossero controlli (veri o immaginari) sarebbe molto più divertente abusare di chi non può difendersi, senza alcun riguardo o limite.
Non sono spaventata in nome di un moralismo sterile. Sono turbata perché queste stesse persone sono quelle che ci circondano ogni giorno, da cui anche senza volere dipendiamo. Io non voglio che la mia vita e il mio benessere dipendano da qualcuno che, se solo potesse, passerebbe volentieri la serata a spaccarmi le ossa con un martello. Non mi va che il mio cibo sia preparato da qualcuno che la notte sogna di mettermi in tavola l’Idraulico Liquido al posto del brodo solo per farsi due risate a vedere quanto ci metto a morire… ma stiamo scherzando?

A giudicare dai rumori in coperta deve essere arrivata la schiava che stavamo aspettando, e per me è arrivata l’ora di spegnere la luce. Provo un brivido di sollievo nel sapere che i prossimi giorni li passerò al largo, senza possibilità di fuga da una barca popolata di sadomasochisti attrezzati con ogni possibile strumento di tortura.
Sono sicura che, finché non rimetterò piede a terra, sarò perfettamente al sicuro.

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