Fotografia fetish

Credo che guardando il mio sito si capisca che ho una certa passione per l’abbigliamento fetish. Anche senza doversi per forza rivolgere al latex tutto il mio guardaroba è costituito da capi di un certo stile, che scelgo per l’eleganza e la femminilità che sanno trasmettere… per non parlare di quella punta di sensualità che ci sta sempre bene. Come sapete la mia vera passione irrinunciabile sono i tacchi a spillo, ma in generale si può dire che tutti i miei armadi siano una specie di Disneyland per feticisti.
Per tutti questi motivi capita relativamente spesso che venga contattata da fotografi e artisti fetish in cerca di una modella un po’ speciale. Benché non sia certo il tipo da sfilata in passerella infatti fra le mie caratteristiche c’è molto entusiasmo per queste cose, un guardaroba vastissimo fra cui scegliere e soprattutto la capacità di indossarlo ed esibirlo come si deve. Ed è per questo che tre giorni fa mi sono trovata nello studio di un fotografo che resterà anonimo, insieme a due grandi valigie di capi vari portate dal mio schiavo-driver.

Per capire cosa ci sia stato di tanto particolare da meritare di essere raccontato è necessario che prima sappiate come si svolgono di solito questi incontri. Naturalmente ogni fotografo ha stile e approccio differente, ma in genere il meccanismo è questo: arrivo in uno studio già approntato per realizzare scatti ben precisi, indosso gli abiti più adatti (o quelli richiesti specificamente), si scatta e la cosa finisce lì. Dopo qualche tempo ricevo la mia copia delle foto, che entrano a far parte degli album dei ricordi. Tutto regolare, insomma.
In questo caso invece ho avuto una piacevole sorpresa. Il set era pronto per tutto un altro tipo di fotografie, e soprattutto il fotografo non aveva la più pallida idea del tipo di immagini che avrebbe voluto realizzare. L’unica cosa che sapeva era che gli sarebbe piaciuto lavorare con me.

Quella che a prima vista sembra una grave mancanza di professionalità è stata invece l’esatto opposto. Il pomeriggio è stato dedicato a conoscersi, confrontare le nostre idee su un sacco di argomenti e a rilanciarci l’un l’altra idee di ambientazioni. Un’intera mezz’ora, per esempio, l’abbiamo passata a parlare di una particolare posizione che prende il dorso del piede quando si indossano tacchi molto alti, della valenza erotica che ha questo dettaglio per me e delle simbologie artistiche che evocava in lui.
Quando ci siamo salutati, naturalmente dopo avere anche visto i vari abiti che mi sarebbe piaciuto usare e avere discusso di tanti altri particolari tecnici, non era stata fatta nemmeno una foto ma in compenso avevamo delineato molto bene il tipo di lavoro da realizzare. Ne sapevamo l’ambientazione, il tipo di composizione delle inquadrature, l’emozione che si vuole trasmettere con la scelta delle luci o del trucco, i rimandi stilistici ai pittori di un determinato periodo, il significato più profondo dei diversi gesti.

La sessione fotografica è avvenuta oggi ed è andata benissimo. Tutto ha filato a meraviglia, e dalle anteprime che abbiamo visionato sul suo computer prima dei molti aggiustamenti che è normale fare in questi casi mi sento proprio soddisfatta. Di solito infatti da questi set escono delle belle foto… ma in questo caso si tratta proprio di vere opere d’arte!
Senza nulla togliere alle altre persone per cui ho lavorato come modella, la differenza nell’approccio si è sentita molto. Nella maggior parte dei casi sono infatti solamente considerata quell’elemento della foto che permette di visualizzare una precisa fantasia del fotografo; In questo caso invece si è trattato di una creazione in comune, che ha permesso di sviluppare qualcosa che da soli né io né lui avremmo potuto immaginare.

Mentre tornavo a casa mi sono ricordata di quanto vi ho scritto su questo blog qualche giorno fa: se la gente avesse più spesso il coraggio di aprire la propria mente alle proposte di chi ha vicino scoprirebbe possibilità interessantissime. Purtroppo invece tutti (anche io, naturalmente) tendiamo a limitarci a proiettare i nostri desideri sugli altri, e a rimanere inevitabilmente un po’ delusi quando la realtà non corrisponde in ogni particolare ai nostri sogni.
Mi dispiace moltissimo non potere mostrare su questo blog le foto di cui vi ho parlato, perché sarebbe stato il modo migliore per far capire la differenza fra le due cose. Purtroppo si tratta di un progetto artistico con precisi limiti di utilizzo (ma quando si farà la mostra, che richiederà ancora parecchio lavoro, prometto di avvertirvi).

Ciò che si vede molto chiaramente confrontando due foto realizzate con questi differenti approcci si applica però anche a tantissimi altri ambiti. Uno fra tutti, visto che qui si parla di dominazione, sono anche i rapporti fra Padroni e schiavi, o comunque nei giochi erotici.
Per me è normale chiedere a chi mi viene a trovare quali siano le sue fantasie, i desideri, e poi integrare queste cose con ciò che piace fare a me. E voi, quanto siete abituati a farlo?

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